Nei giorni scorsi si è parlato a lungo di ambiente attraverso manifestazioni, convegni e iniziative varie intraprese per denunciare la crisi globale del clima. Secondo gli esperti viviamo come se avessimo a disposizione le risorse di 1,7 pianeti Terra: tradotto in termini pratici, ciò vuol dire che sfruttiamo troppo la natura, consumiamo e sprechiamo chiedendo alla Terra più di quello che può offrire. L’uomo vorace del XXI secolo si trova inevitabilmente davanti ad una sfida: continuare a consumare o ridisegnare il proprio stile di vita con qualche necessaria rinuncia?
Paradossalmente sulle etichette di tanti prodotti commerciali troviamo spesso la dicitura “senza…”: senza additivi, senza olio di palma, senza grassi animali, senza zuccheri ecc. Riempiamo i nostri carrelli di prodotti che per essere più accattivanti al consumatore, in nome della salute, devono presentare una carenza. Per essere venduto un prodotto deve mancare in qualcosa. Mi sembra un mondo che va avanti e all’incontrario. Ed è per questo che dobbiamo riscoprire cosa vuol dire digiunare.
Le religioni
Le religioni propongono la pratica di un “sano senza”, ovvero del digiuno che può rappresentare un modo per esprimere la propria spiritualità. Ciò di cui l’uomo si priva deve essere destinato altrove: l’assenza di cibo lascia spazio alla preghiera e all’offerta di una piccola sofferenza, ciò che si risparmia digiunando potrebbe essere devoluto per aiutare chi è nel bisogno. Il digiuno è una pratica antica comune a molte religioni, sia antiche che moderne.
L’ebraismo prevede il digiuno in diverse occasioni durante il ciclo delle festività annuali; particolarmente osservato è lo Yom Kippur, un giorno intero di astinenza in segno di espiazione dai propri peccati. L’Islam propone un mese intero di digiuno, il Ramadan, dall’alba al tramonto. Per i cattolici invece il precetto del digiuno è più leggero: il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo sono gli unici due giorni in cui si salta almeno un pasto, mentre in quaresima ci si astiene dalla carne il venerdì.
Un digiuno che diventa offerta
In questo tempo di sfruttamento irresponsabile dell’ambiente, la pratica del digiuno diventa un obbligo non solo religioso. Digiunare per lasciare spazio, per ridare dignità al creato riducendo i gas tossici, il consumo della plastica, l’inquinamento dei mari e dei fiumi. Papa Francesco nell’enciclica “Laudato sii” ci ricorda che tra le pratiche sane per sostenere l’ambiente c’è anche quella di cucinare ciò che ragionevolmente viene consumato. Un digiuno che diventa offerta e sostegno per il creato.
Nella quaresima il digiuno dalla carne ha origini antiche. Si toglieva la carne perché ritenuta un elemento di lusso, costoso e quindi una valida pratica di mortificazione; oggi, alla luce dei prezzi che vediamo al supermercato, mi domando se questa tendenza possa essere ancora valida dal momento che costa decisamente di più cucinare un pesce spada che una bistecca di maiale.
Un nuovo digiuno
Ciò che potrebbe unire tutti, credenti e non, è un digiuno che coinvolga diversi aspetti del vivere quotidiano: digiunare da pratiche dannose come chiacchierare contro il prossimo, dal perdere tempo, dal consumo irresponsabile. Ognuno in cuor suo saprà verso cosa orientare il proprio digiuno. Sarà così una pratica non solo religiosa ma etica; ridurre per colmare qualche vuoto, accecati dall’ingordigia di un consumismo usa e getta che va al di là della materia ma che coinvolge anche la vita sociale degli esseri umani.
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