“L’amore è la scintilla divina che custodisci nel cuore”. Lo canta Simone Cristicchi, in “Abbi cura di me”, brano portato all’ultimo festival di Sanremo. Vediamola, allora, questa scintilla divina, nella parabola del buon samaritano.
Prendersi cura…
Cristicchi: “Abbi cura di me”
La parabola: “(il samaritano) lo portò in un albergo e si prese cura di lui”.
Nella Bibbia, il verbo “amare” è legato ad azioni concrete: dar da mangiare, proteggere, vestire. Non si riduce a un vago sentimentalismo. Il samaritano è capace d’amore. Da cosa lo vediamo? Dal fatto che si prende cura del prossimo.
…e mettersi al fianco…
Cristicchi: “Il tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro, basta mettersi al fianco invece di stare al centro”.
La parabola: “Un Samaritano, passandogli accanto, ebbe compassione”.
Il sacerdote e il levita “passano oltre”, dice il vangelo. Chi ama, invece, si mette al fianco.
… nonostante tutto!
Cristicchi: “Nonostante tutto noi siamo ancora insieme”.
Quando Gesù racconta la parabola, al nominare il “samaritano” suscita i pregiudizi di chi lo sta ascoltando: figuriamoci se uno che proviene da una regione così rozza e peccatrice si farà carico di quel poveretto caduto nelle mani dei briganti. Non corre buon sangue tra samaritani e giudei, eppure “nonostante tutto” è proprio un samaritano a salvare la vita all’uomo rimasto mezzo morto.
Non amarsi per non amare? Non vale!
“Ama il tuo prossimo come te stesso”. Ehi, quindi se non amo me stesso, sono autorizzato a non amare il prossimo? In realtà il “come” va riferito alla particella che precede, non a quella che segue. Insomma, il senso sarebbe più o meno questo: “Ama il tuo prossimo, perché egli è come te!”. E la domanda, specie di questi tempi, potrebbe essere: siamo capaci di riconoscere nel prossimo – che sia il vicino di casa o chi è fuggito dalla propria terra – un nostro fratello? La parabola, se presa sul serio, interroga e impegna non solo chi l’ha ascoltata dalla viva voce di Gesù, ma anche noi oggi. Altrimenti, resta relegata a semplice storiella, che si esaurisce in un battito di ciglia.
Il vangelo di domenica 14 luglio
Lc 10, 25-37
Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
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