Ma è stata suggerita anche un’altra lettura. Il genio alato ha gli occhi aperti: il suo essere momentaneamente inattivo non è improduttivo. Certamente è un’allegoria dell’accidia: potrebbe fare ma non fa; nonostante abbia tutti i mezzi, gli strumenti e la conoscenza.
Gli indizi, ben celati, per una possibile via d’uscita da tale situazione sono molti. Prima di tutto questo genio alato ha, appunto, le ali. Sono ripiegate, ma sono grandi e possono farlo volare quando vuole. Ha il capo chino, ma anche coronato, segno di un riconoscimento raggiunto. Dalla veste emergono delle chiavi, strumento per aprire nuovi percorsi.
Inoltre nella grande clessidra appesa si intravede la poca sabbia rimasta, per cui il tempo sta finendo e forse ne sta iniziando uno nuovo, pronto a essere segnalato dal suono della campana (a fianco). Un tempo nuovo, magari anche giusto, in quanto i piatti della bilancia appesa sul profilo della costruzione sono ancora vuoti ma allineati. E la scala che taglia in diagonale l’orizzonte può rimandare alla scala di Giacobbe, come mezzo di elevazione spirituale. È tutto da fare, da compiere, c’è da salire ogni scalino. Ma le potenzialità ci sono.
L’uomo ha tutti i mezzi per migliorarsi, per non sprecare i propri talenti e per ritrovarsi con Dio. E il nuovo tempo è quello di Dio, dove la notte lascia il posto a un nuovo giorno. Per cui anche l’esortazione di san Paolo: «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno. La notte è avanzata, il giorno è vicino» (Rm 13, 11-13) acquista pieno valore.
L’arte ha indagato il vizio capitale dell’accidia non solo come immobilità del corpo o dello spirito, ma anche dell’intelletto. Il messaggio salvifico sta proprio qui: l’uomo ha bisogno anche di momenti di stasi, di crisi, per poter aprire nuovi percorsi. Deve stare con le stelle (con-siderare), per poi scegliere (de-siderare), sceglierne una. Percorrere una strada. E, a volte, proprio quella che sembra più dura, ma che può dare maggiori soddisfazioni.
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