E poi, Gesù, la tua mamma compì tre anni ed ecco il fatto di cui serbo qualche frammento appena, perché ero piccola davvero. Ero stata destinata a crescere nel tempio, più vicina possibile a Dio. Mamma e papà mi accompagnarono. Zaccaria, il sacerdote, mi baciò sulla fronte e mi benedisse. Giuditta mi ha ripetuto le sue parole così tante volte che le so a memoria perfettamente: «Il Signore ha glorificato il tuo nome per tutte le generazioni; in te alla fine dei tempi il Signore manifesterà la sua redenzione per i figli d’Israele».
Per molti anni non capii il significato di quelle parole. Forse neppure adesso le comprendo appieno. Mi raccontarono che non avevo pianto, non mi ero voltata indietro per cercare mamma e papà, ed ero entrata nel tempio per non uscirne più. Fino a quando compii 12 anni e diventai donna. Già, una donna di appena 12 anni… Ma il tempio non era più il luogo per me e fu così che mi ritrovai mano nella mano con Giuseppe, più un padre che uno sposo, lui che sposo era già stato, prima che la moglie morisse lasciandolo con quattro figli e quattro figlie, alcuni più grandi di me. Doveva vegliare su di me ma era un artigiano costruttore molto ricercato in tutta la Giudea e così dovette presto raccogliere i suoi arnesi e partire, per costruire un palazzo per signori importanti. E fu in quei giorni che comparve dinanzi a me all’improvviso una ragazza, che forse era qualcos’altro, e mi disse cose immense e terribili e meravigliose. E tu sbocciasti nel mio grembo.
Ti sentii fin dal primo attimo, bambino mio. E ti amai con tutta me stessa. Ma mi sentivo così piccola e sperduta… Così corsi dalla mia mamma. Sapevo che lei avrebbe capito. Mi avrebbe aiutata ad avere il coraggio che mi sembrava di non avere perché nostro Padre mi stava chiedendo una cosa troppo meravigliosa e gigantesca per un fragile bambina…
E sai? Anna non si meravigliò affatto del mio racconto. Mi disse che le sembrava di conoscere quella strana ragazza, dai modi gentili e dalle parole rapide e precise, come sono le parole che scendono da Lassù. Mi disse che era normale avere un poco di paura ma lei sapeva e capiva.
Mi addormentai tra le braccia della mia mamma, cullata dalle sue carezze. Proprio come ho accarezzato e cullato te, bambino mio. E le mie sono anche le carezze della tua nonna. In quelle ore venne a trovare i nonni anche la tua zia Elisabetta, che attendeva ormai da sette mesi il piccolo Giovanni, il tuo cuginetto, e appena mi vide capì tutto e spalancò gli occhi e mi disse: «Maria, tu sia benedetta! Ma lo sai che, non appena ti ho vista, il bimbo che porto in grembo ha sussultato, come se saltasse dalla gioia?». Anna rise, io sorrisi, e ci abbracciammo.
Un ragazzo incontrò Giuseppe sulla via del ritorno. Un ragazzo dal sorriso dolce e dalle parole calde. Non seppi mai che cosa disse al mio sposo ma anche lui mi abbracciò, mi disse di coprirmi perché gli sembrava si fosse sollevato un vento fresco, mi domandò se avevo qualche desiderio, dei datteri, del miele… Mi cullava con gli occhi e con la voce. Si prendeva cura di me e di te. Tutti mi vollero bene e l’attesa di te fu serena come dovrebbero essere tutte le attese. I tuoi nonni erano anziani, sapevano che i loro anni stavano finendo e così non perdevano occasione per venirti a trovare, anche se il viaggio costava loro fatica. Poi una volta andammo noi da loro, Giuseppe, io e te. Fu l’ultima volta. Ma mi ricordo bene tutto. Ricordo che Gioacchino ti prese sulle sue ginocchia, Gesù, e cominciò a parlarti con quella sua voce da nonno: «C’era una volta…». E mentre ti raccontava le storie meravigliose di Israele e dei suoi profeti, e dell’amicizia di Dio con il suo popolo, in un angolo una tenda si agitava appena, smossa da una brezza leggera…
La verità è che dei nonni di Gesù sappiamo pochissimo. Per le scarne notizie, compresi i nomi di Gioacchino e Anna, ho attinto alle prime pagine del Protovangelo di Giacomo.
Nel raccontare la loro storia mi sono preso alcune libertà. Che io sappia, non è scritto da nessuna parte che Maria, in attesa di Gesù, vada a trovare la madre; ma mi è sembrato del tutto logico che una ragazza sola, con lo sposo lontano, di fronte a eventi tanto enormi andasse dalla mamma, a cercare conforto e coraggio. Non è scritto da nessuna parte neppure che Gioacchino abbia tenuto sulle ginocchia il piccolo Gesù narrandogli le storie più belle del popolo d’Israele. Ma mi sembrerebbe strano se non l’avesse fatto. Tocca ai nonni tendere e rafforzare il filo che unisce i nipoti al passato, alla tradizione, affinché siano capaci di futuro. E Gesù deve per forza aver appreso fin da piccolo la sua straordinaria capacità di narratore, di raccontare storie capaci di affascinare chi lo ascoltava.
Senza Gioacchino e Anna, senza la loro fede, non ci sarebbero stati né Maria né Gesù. E neanche noi qui, adesso.
Grazie, nonni di Gesù. E grazie a tutti i nonni.
Emanuela dice
Interessante………e utilizzabile in classe