In principio era il Verbo.
E il Verbo si è fatto carne.
Parola da mangiare.
Parola che nutre.
Parola da assimilare in noi stessi, in ogni nostra fibra, fino all’osmosi con il divino. Perché per il più straordinario dei misteri, Gesù ha scelto la più umana delle azioni: il mangiare.
E la più universale delle relazioni: il mangiare insieme.
Così, ogni qual volta ci si avvicina all’altare durante la messa, sgomento e gioia ci scuotono, meraviglia e riconoscenza ci invadono. La gioia e la riconoscenza di essere stati ammessi a un simile banchetto.
L’Ultima cena nell’arte
Un percorso affascinante ed emozionante, dove l’arte si intreccia con i testi biblici, la storia si incrocia con la teologia, l’unano incontra il divino.
L’Ultima cena che Gesù consuma insieme ai discepoli alla vigilia della sua passione è uno dei momenti più intensi e drammatici nel racconto dei Vangeli. Ma è anche il fulcro del mistero cristiano, il momento cioè in cui quel Dio che si è fatto uomo per amore offre il suo stesso corpo e il suo stesso sangue come cibo e bevanda di salvezza, in un memoriale ancora oggi celebrato da milioni e milioni di fedeli in tutto il mondo.
Per questo l’arte cristiana, nei secoli, ha riprodotto innumerevoli volte questo mistico banchetto di duemila anni fa, sottolineandone ora il significato sacrificale, ora la rivelazione del tradimento di Giuda, ora il momento dell’istituzione dell’eucaristia. Ma spesso riunendo tutti questi aspetti in un’unica immagine di forte impatto visivo e di profonda valenza simbolica.
Dai lucenti mosaici di Ravenna del VI secolo ai rilievi della scultura romanica, dagli affreschi di Giotto alla raffinata pittura di Beato Angelico, dalle sorprendenti tavole dei maestri fiamminghi alle composizioni rinascimentali del Ghirlandaio e del Perugino. Fino al capolavoro assoluto: il Cenacolo di Leonardo da Vinci, vertice insuperato e insuperabile dell’arte di tutti i tempi. Le rappresentazioni dell’Ultima cena sembrano tutte uguali, derivando come sono dai Vangeli e dalle Lettere paoline, che sono a un tempo fonte originaria e modello. A cambiare, semmai, è l’angolazione, la prospettiva che i diversi artisti e committenti hanno voluto dare all’evento, sottolineando il momento dell’istituzione dell’eucaristia, o richiamando l’attimo drammatico del tradimento, o ancora ponendo l’accento sulla “comunione degli apostoli”.
L’oro e la porpora: i mosaici di Ravenna
Il silenzio è assordante.
Le bocche sono serrate, ma gli sguardi parlano. E accusano.
Sette paia di occhi che si fissano su Giuda, indignati, implacabili.
Sette teste che incombono dall’alto sul traditore, facendogli cadere
addosso tutto il peso della colpa.
Ma l’Iscariota sfugge quelle occhiate inquisitorie, a cercare invece il
volto di Cristo.
Che però non lo guarda.
Da solo l’apostolo ha concepito il suo tradimento.
Da solo dovrà affrontare il suo destino.
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