Giugno, andiamo, è tempo di vacanze. Con l’eccezione riservata a chi, alle medie e alle superiori, è impegnato con gli esami. Ma per un po’ le domande al maestro Andrea Gironda, che ci hanno fatto compagnia per alcuni mesi su bibbiagiovane.it, vanno in ferie. Lo spazio “Scuola” dunque sarà riservato agli strumenti di lavoro dell’insegnante. Si parte con il registro e, come sempre, l’appuntamento è per il martedì.
Nel film “La scuola” del 1995, Silvio Orlando per ripristinare l’ordine in un corridoio chiassoso entra in classe alzando il registro personale come un feticcio capace di far scappare tutti gli studenti. Alla vista di quell’oggetto tenuto ben in mostra tutti i ragazzi corrono, terrorizzati, al proprio posto.
Il registro è da sempre uno degli strumenti che caratterizza l’attività del docente; nel corso del tempo ha subito molti cambiamenti. Da studente era un oggetto temuto e con un mistero tutto suo; solo i professori ne possedevano uno e lo custodivano scrupolosamente, senza mai lasciarlo, anche solo sbirciare era considerato un atto potenzialmente pericoloso. Nessuno sapeva cosa scrivessero le prof, quali voti, quale fosse la media: il registro era blindato in tutta la sua austerità e severità. Perfino il colore era terrificante, un verde scuro capace di trasmettere una certa inquietudine. Ricordo che una volta la mia insegnante di italiano mi mandò nel suo armadietto a prendere il suo registro: nel tragitto dall’armadio alla classe mi tremavano le mani, tentato dalla voglia di aprirlo e dare una sbirciata e frenato dalla paura di essere sorpreso con quel prezioso oggetto in mano. Non vi dico come andò a finire… anche se il reato è andato in prescrizione!
C’era poi il registro di classe, quello dove tutti i professori apponevano la propria firma, segnavano gli alunni assenti, i compiti e le note disciplinari. Ogni tanto noi studenti lo sfogliavamo come fosse un diario con la storia della classe. La mia attenzione era attratta dalle firme dei docenti; già a quel tempo avevo la tentazione di apporvi anche la mia… profetica sensazione! Nei momenti di rabbia qualche professore sbatteva sulla cattedra il registro che spesso giungeva alla fine dell’anno scolastico in pessime condizioni.
Una volta diventato insegnante, ne ho avuto uno tutto mio. Mi sembrava che quel librone potesse darmi una certa autorità, anche io finalmente ne avevo uno personale dove scrivere – con la mia bella calligrafia – i nomi degli studenti, i compiti, i voti. Cercavo di tenerli con cura, anche se con il tempo la mia insofferenza è andata aumentando, dal momento che con undici classi c’erano molte pagine da compilare, sbarrare e siglare alla fine dell’anno. Non lo compilavo con molto piacere. Le mie colleghe sapevano che quando mi vedevano scrivere sul registro voleva dire che ero di cattivo umore; per fortuna capitava raramente.
Noi docenti abbiamo sempre temuto i controlli dei registri da parte del Dirigente Scolastico; un buon insegnante di solito aveva i registri poco aggiornati perché dedicava le sue energie e il suo tempo alla didattica. Capitò soltanto una volta che la Preside di una scuola in cui lavoravo anni fa, ritirò a Natale tutti i registri. La buona donna non doveva aver avuto molto da fare durante le feste perché trovò il tempo di leggerli, evidenziare gli errori e siglare tutte le pagine. Ricordo il suo commento sibillino quando mi fu restituito. Colpita dalla mia calligrafia disse pubblicamente: “il maestro Gironda quando scrive, non scrive: ricama”!
Da qualche tempo il registro è in formato esclusivamente elettronico. Questo passaggio ha portato un cambiamento sensibile, non solo nella funzione di noi docenti. Non possiamo più portarlo e usarlo come spauracchio imitando Silvio Orlando. La sua compilazione è senz’altro più veloce ma ha perso la sua inviolabilità: studenti e famiglie oggi possono consultare il registro dei voti, controllare la vita scolastica in tempo reale, tutto è diventato più trasparente. E quando un genitore si trova davanti ad un docente sa già come va il figlio, addirittura potrebbe immaginare con un certo margine di esattezza anche quale voto avrà in pagella e contestarlo in caso sia più basso di quanto si aspetti. L’informatizzazione del registro ha fatto perdere quella giusta curiosità di ascoltare la voce autorevole del docente. Addirittura i ragazzi non vanno quasi più a vedere i quadri con gli esiti finali, momento atteso con ansia ai miei tempi. Conoscendo online il loro destino, non si abbracciano e non si consolano più davanti a quei fogli impietosi esposti al pubblico nell’atrio della scuola.
Il registro ha da sempre contraddistinto il nostro lavoro di insegnanti, croce e delizia degli studenti. Resta sempre uno strumento che contiene dei voti e non dice tutto della vita reale dei nostri ragazzi. Allora come oggi.
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