Google pensa di conoscermi. Quando inizio a scrivere le prime lettere sul motore di ricerca, già mi suggerisce le lettere mancanti. Ha registrato le mie attività precedenti, sa quale squadra tifo e che interessi ho.
Youtube ricorda la musica che ho ascoltato, me ne suggerisce altra che dovrebbe essere di mio interesse. Le inserzioni su Facebook sono mirate: hanno traccia delle mie precedenti navigazioni e mi viene proposto qualcosa che, con maggiore probabilità, mi potrebbe interessare. Così io visualizzo inserzioni di chitarre (la mia si è rotta), mia cugina quella di un noto marchio di articoli da disegno. E non viceversa: io non so disegnare, mia cugina non suona la chitarra.
È un bene? La personalizzazione dei contenuti può sembrare un abito cucito su misura, invece di un grembiule mediatico uguale per tutti. Un male? In fin dei conti, pur con il nostro consenso, siamo spiati. Di certo, i dati personali stanno diventando la seconda risorsa più preziosa al mondo, dopo l’acqua. Chi li conosce, sembra conoscere te: la tua storia, i tuoi interessi, e forse anche un pezzetto di futuro.
«In quel tempo, Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”». Cosa vuol dire conoscere? C’è qualcosa che – ancora – sfugge agli algoritmi di Google. Ed è quel significato del verbo “conoscere” che ha a che fare con la natura più intima. Non nell’imparare una nozione, ma nell’entrare in contatto, in intimità, con il suo essere. Vale con lo studio: non conosco un avvenimento storico imparando a pappagallo – i pappagalli non si offendano – date ed eventi, ma conosco quando analizzo i fatti e creo legami. Allo stesso modo, non basta collezionare informazioni per dire di poter conoscere una persona. Bisogna vivere con lei, gioire con lei, soffrire con lei. Quel pastore ci conosce così. Il vangelo ci invita a cambiare il “tu non sai chi sono io” in “tu lo sai chi sono, o Dio”.
Il vangelo di domenica 12 maggio
Gv 10, 27-30
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 3Io e il Padre siamo una cosa sola».
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