Chissà cosa avrebbe pensato Matusalemme del 10 years challenge, la nuova moda che consiste nel pubblicare proprie foto attuali e di dieci anni fa. Per lui, campato fino a 969 anni (Genesi 5, 27), due lustri valgono poche briciole.
Al confronto, suo padre Enoch morì giovane, ad appena 365 anni, mentre nonno Iared, che raggiunse quota 962, non se la cavò male. Non guarda vette così alte l’autore del Salmo 90 (89): «Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti». E prosegue senza troppo ottimismo: «… ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo». Il tempo vola, il tempo conta, è un bene da non sprecare.
Solo un gioco?
Nella nuova moda esplosa sui social questa preoccupazione non c’è: emerge piuttosto il narcisismo, ma non è certo una novità. Se per caso lo specchio non ci restituisce una immagine soddisfacente, possiamo almeno dimostrare che nel 2009 non eravamo proprio da buttare. Per qualcuno, è un bel pretesto per ringraziare la famiglia, gli amici, il partner. Ma non è tutto vero quel che luccica, come mostra Gigio Rancilio di Avvenire in questo articolo che spiega l’origine del 10 years challenge, presentando poi l’allarme lanciato sulla rivista americana «Wired» sulla possibilità che questa iniziativa possa servire a Facebook ad «addestrare un algoritmo di riconoscimento facciale sulle caratteristiche legate all’età». L’invito, che si partecipi o meno a questa iniziativa, è di essere comunque responsabili, anche quando si pensa di partecipare a un gioco innocuo.
3dayschallenge
C’è chi ha poi sfruttato l’onda mediatica del #tenyearchallenge per evangelizzare col sorriso. È il caso dei sempre geniali CorXIII (qui il loro sito), che hanno proposto un #3dayschallenge. Vincitore scontato, Gesù risorto.
Non scordiamoci il passato, ma guardiamo avanti. Di dieci, venti o cent’anni. O, citando un grande pensatore dei tempi moderni (Buzz Lightyear di Toy Story), «verso l’infinito e oltre».
Lorenzo Galliani
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