Per spiegare chi fossero e quale ruolo avessero gli apostoli, gli autori dei libri di testo di religione sono soliti presentarli come gli amici di Gesù.
Un concetto di amicizia tra Gesù e i dodici lontano da quello che intendiamo noi oggi; gli amici ridono, scherzano, si confrontano su temi importanti, trascorrono del tempo insieme, ascoltano canzoni o condividono libri e esperienze diverse. Gli apostoli non hanno fatto quasi nulla di tutto questo; erano stati scelti da Gesù per essere inviati (la parola “apostolo” vuol dire inviato) a diffondere la Buona Notizia, una missione di fede non da poco che avrebbe cambiato le sorti del mondo e che necessitava di qualcosa che andasse oltre l’amicizia.
Eppure analizzando questi amici di Gesù ci accorgiamo che non possedevano doti di prima qualità: Matteo era un pubblicano con l’ingrato compito di riscuotere le tasse per conto dei romani, Simone era uno zelota, un rivoluzionario. Alcuni di loro erano dei pescatori, gente semplice neanche tanto istruita, come Pietro la cui fede veniva spesso messa alla prova da Gesù. Giuda ha addirittura tradito il suo Maestro. Insomma, una compagnia che – vista così – non sembrava avere tante speranze di realizzare alcunché. Eppure, la storia ci racconta che dovevano essere veramente innamorati di Gesù, tanto da farsi toccare il cuore e dare la propria vita per il Vangelo. La loro testimonianza ha acceso i cuori di centinaia di milioni di uomini in secoli di storia.
Oltre ogni legame
Ad una mia alunna è venuta, spontanea, una domanda: Gesù non poteva scegliere degli uomini migliori? Chi sono i veri amici, possiamo davvero sceglierli? La domanda ci ha inevitabilmente portato a discutere sull’amicizia, tema tanto caro ai bambini. Uno di loro mi ha detto – giustamente – che tra gli amici deve necessariamente esserci amore. L’amicizia, quando è vera e sincera, è una forma d’amore molto forte, capace di andare al di là di ogni legame. È un sentimento che solo l’uomo può provare; gli animali possono sperimentare pulsioni ma non provano alcun sentimento di amicizia verso i loro simili.
Gli amici, al contrario dei parenti, possiamo sceglierli: Cicerone disse che “l’amicizia è superiore alla parentela. La parentela, se l’affetto viene meno, rimane tale. Nell’amicizia, invece, questo non può succedere. Senza l’affetto, l’amicizia non è più quel che è: perde il suo nome” (Federico Pace, Controvento: storie di viaggi che cambiano la vita). L’amicizia è un sentimento che va coltivato come si fa con le piante; gli amici possono irrigare reciprocamente i propri campi, sostenersi nei momenti dell’arsura, condividerne i frutti fino ad invecchiare insieme, ricordando pezzi di vita.
Gli amici diventano così preziosi come un tesoro: l’antica saggezza biblica ci ricorda che “un amico fedele è un rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele non c’è prezzo, non c’è misura per il suo valore. Un amico fedele è medicina che dà vita: lo troveranno quelli che temono il Signore” (Sir 6,14-16).
Da Patroclo a Pinocchio
La letteratura, come la Bibbia, è ricca di storie di amicizia. Pensiamo al motto “tutti per uno, uno per tutti” dei tre moschettieri di A. Dumas, o agli amici della mitologia come Eurialo e Niso uniti fino alla morte, tra Patroclo ed Achille che vede quest’ultimo combattere per onorare l’amico ucciso in guerra. Anche la letteratura per bambini predilige le storie sull’amicizia, basti pensare a Winnie the Pooh e i suoi amici del Bosco dei Cento Acri o alla piccola Heidi con Clara, quanta tenerezza scorre tra di loro. Amicizie costruttive queste, ma sappiamo bene che alcune possono essere anche delle false amicizie, come quelle tra Pinocchio e Lucignolo che lo porterà su una cattiva strada, o ancora quella con il Gatto e la Volpe che Pinocchio stesso definiva “amici”.
Il coraggio degli amici
Tra i tanti personaggi del Vangelo mi piace sempre ricordare quegli amici che spesso vengono ignorati. Nella vicenda del paralitico risanato (Lc 5, 18-26) si dà giustamente importanza al miracolo compiuto da Gesù, mentre passa in secondo piano il gesto compiuto dagli amici dell’uomo malato, capaci di superare la folla, salire su di un tetto e calare giù il paralitico con delle corde. Un gesto che avrà richiesto loro anche molta fatica, l’unico possibile però per portare l’uomo davanti a Gesù. Se non fosse stato per il coraggio di quegli amici, il malato non avrebbe trovato la sua salvezza.
Prendendo spunto da questo episodio mi piace pensare che sia possibile arrivare ad una salvezza e ad un conforto più terreno, così come al senso delle cose, attraverso gesti di amicizia, piccoli o grandi che siano, che possono segnare inevitabilmente la vita di ciascuno di noi.
Rosalba dice
Molto utile questa riflessione durante l’ora di religione , grazie