E Giuseppe? Giuseppe, non lo dipingerei. Non mostrerei che un’ombra in fondo al pagliaio e due occhi brillanti. Poiché non so cosa dire di Giuseppe e Giuseppe non sa che dire di se stesso. Adora ed è felice di adorare e si sente un po’ in esilio. Credo che soffra senza confessarselo. Soffre perché vede quanto la donna che ama assomigli a Dio, quanto già sia vicina a Dio. Poiché Dio è scoppiato come una bomba nell’intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo incendio di luce. E tutta la vita di Giuseppe, immagino, sarà per imparare ad accettare
Jean Paul Sartre
«Io non conosco uomo» dice Maria all’angelo Gabriele che le annuncia la futura nascita di Gesù (Luca 1, 34). Maria “discute” con l’angelo e, dal suo punto di vista assolutamente umano gli fa notare che ciò che ha appena udito è impossibile: lei, appunto, «non conosce uomo».
Se quello tra Maria e l’angelo è un dialogo, quelli di Giuseppe sono solo pensieri; pensieri che combattono nel segreto del cuore davanti all’improvviso turbinio di eventi in cui si è trovato. La consapevolezza della sua totale estraneità nei confronti della gravidanza di Maria si scontra con l’obiettività dei fatti, ma anche con la fiducia piena e totale nei confronti della sua sposa. E fin dal primo momento, anche quando fatica a capire, Giuseppe, che era «giusto», si mette dalla parte di Maria, obbedendo ad una giustizia che non è quella del suo tempo, quella dei rabbini, ma quella del cuore.
Quanto silenzio e quanta solitudine intorno e dentro a quest’uomo che si trova ad affrontare una situazione che non sembra avere vie d’uscita! Giuseppe è solo, e in silenzio prende le sue decisioni. Quando l’angelo verrà, verrà in sogno ad indicargli la strada, senza attendere risposte. Ecco la grande differenza tra i due sposi: di Maria conosciamo le parole, di lui solo i fatti, l’obbedienza e il silenzi. Nei Vangeli “canonici”, riconosciuti cioè dalla Chiesa, Giuseppe non parlerà mai.
Eppure la storia dell’arte è ricca di raffigurazioni di san Giuseppe, personaggio fisso dei dipinti che propongono gli episodi dei Vangeli dell’Infanzia, canonici e apocrifi. Il Santo però è posto quasi sempre di lato: Giuseppe è figura “marginale”, in una posa che è quasi una trascrizione per immagini dei suoi famosi silenzi.
Il silenzio di una paternità
Ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno per dirgli: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa: ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo»
(Matteo, 1, 20)
Un sogno rende padre Giuseppe. Lui, in cuor suo ha già rinunciato a Maria, e nulla chiede di quel bambino che lei aspetta, ma non vuole che le accada nulla e non sarà un’accusa pubblica ad accompagnare il suo rifiuto: avverrà tutto in segreto. Ma un angelo cambia la sua decisione e il suo destino, perché Giuseppe «fece come l’angelo gli aveva ordinato» (Matteo 1,24). Giuseppe non parla, ma agisce, si fida e ubbidisce. A partire da questo momento Giuseppe «sognerà» sempre il da farsi nei momenti più importanti della sua vita: ancora un angelo infatti gli dirà in sogno di fuggire con Maria e il bambino in Egitto, e sempre un angelo in sogno lo avvertirà quando sarà il momento di tornare a casa.
Il silenzio del Natale
Mentre si trovavano là, giunse per lei il tempo di partorire e
diede alla luce il suo figlio primogenito. Lo avvolse in fasce e
lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto
in albergo
(Luca 2, 6).
Non una parola su Giuseppe, nei Vangeli canonici: tutto è al singolare, «lo avvolse, lo depose…». Maria fa tutto da sola. Dove si trovava Giuseppe nel momento in cui nasceva Gesù? Per sottolineare che la nascita del Redentore era avvenuta senza testimoni, nel mistero più profondo che l’animo deve
accettare senza cercare spiegazioni, spesso l’iconografia rappresenta Giuseppe discosto da Maria e dal neonato, immerso in un sonno profondo. Ancora una volta dunque Giuseppe dorme e solo a cose avvenute adorerà in silenzio quel bambino insieme a Maria.
È importante però anche quel «per loro non c’era posto in albergo». È stato sicuramente Giuseppe a cercare, a subire i rifiuti, ad angosciarsi per Maria che doveva assolutamente trovare un posto per riposare, ma questo non è narrato.
Scrisse Giovanni Paolo II: «San Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente ministro della salvezza». Parole significative per la missione di ogni padre, che diventa non solo custode della vita delle creature che Dio manda sulla terra, ma anche aiuto indispensabile per scoprire e poi portare a termine il disegno divino che è celato in ciascuna di esse.
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L’UOMO DEI SETTE SILENZI
Proprio il tema del “silenzio”, che non è muta assenza di parole, ma stupore di fronte al manifestarsi inaspettato di un Dio che si fa uomo, è il filo conduttore di questo libro, quasi una “vita di san Giuseppe” scandita in sette parti, che commentano alcune opere celeberrime (come i due dipinti di Georges de La Tour o le scene “cinematografiche” di Giotto nella Cappella degli Scrovegni), ma anche meno note o addirittura sorprendenti, come il Compianto su Cristo morto di Lorenzo Lotto, in cui Giuseppe è presente sul Calvario, contrariamente alla tradizione devozionale e iconografica che racconta il suo trapasso confortato da Maria e da un giovanissimo Gesù.
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