L’avarizia
Il vizio capitale della superbia stimola nell’uomo la forma più oscura di dominio, di finto possesso anche degli altri, ritenuti inferiori e quindi facilmente manipolabili. E chiude il cuore dell’uomo. Lo indurisce a tal punto da farlo cadere nell’avarizia. Il secondo vizio capitale.
L’iconografia sul tema dell’avarizia è vasta e complessa, forse perché, come nessun altro peccato capitale, presenta numerose declinazioni. E l’arte ha cercato di immortalarle tutte, trattando spesso di cupidigia, di concupiscenza, oppure di grettezza e taccagneria. L’avarizia pertanto indossa più vesti, più abiti del male.
La donna pensosa di Jacopo Ligozzi
Il pittore di origine veronese Jacopo Ligozzi, nella sua Allegoria dell’avarizia realizzata intorno al 1590, presenta il nostro vizio nelle vesti di una donna seduta e pensosa che fissa un ipotetico astante, quasi a chiedere che strada deve prendere: rinunciare ai suoi beni oppure no?
I suoi averi sono in primo piano: alcuni fili di perle sbucano da un grande bacile. Altri ori escono da un forziere posto subito dietro. Colpisce questa insistenza nell’indagare, quasi a inventariare i beni della donna, che possono essere il frutto del mestiere esercitato dalla protagonista: l’usuraia.
Un elemento che avvalora questa ipotesi è la presenza di un demone che si affaccia sul lato sinistro dell’opera tenendo in mano un foglio bianco, dove è inserita, quasi certamente, la lista dei suoi creditori, strumento di lavoro essenziale per l’usuraio.
Procedendo nella lettura dell’opera, appare molto interessante soffermarci su come l’artista abbia costruito l’intera scena mettendo in evidenza due momenti che ritraggono il medesimo soggetto e che possono cambiare di significato se letti mutandone l’ordine.
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