Le grandi opere d’arte in 3 minuti
Il Cristo alla colonna è un’opera che non lascia indifferenti: un volto e uno sguardo che catturano nel profondo. Una volta visto, questo capolavoro difficilmente si dimentica.
1.
L’opera proviene dalla abbazia di Chiaravalle presso Milano e rappresenta l’unico dipinto su tavola di Bramante, in quanto la produzione dell’artista è intimamente connessa con l’architettura.
La lettura dell’opera inizia con la figura monumentale di Cristo presentata a mezzo busto e legata ad un pilastro – anziché alla tradizionale colonna –scolpito con motivi vegetali dorati. La volumetrica figura del Redentore viene percorsa da una luce che cela e svela contemporaneamente ampie zone del corpo e del volto, effetto possibile anche grazie all’apprendimento di Bramante della maniera fiamminga filtrata dal lessico di Antonello da Messina. Il focus così ravvicinato, oltre a coinvolgere sapientemente il fruitore, mostra una puntuale indagine anatomica e quasi architettonica del corpo di Cristo che viene “costruito” attraverso un superbo uso delle regole matematiche della prospettiva, come lo studio dell’architettura esige. E come Piero della Francesca incarna.
2.
Splendida è la resa della sfumatura cromatica dell’epidermide che mostra le vene ingrossate sotto i lacci, così come il tocco rossastro di colore che sbuca sotto la corda che cinge il collo di Gesù.
Ma è il volto che seduce e abbaglia il fruitore. Quel volto, incorniciato da barba e riccioli quasi incastonati da bagliori di luce, esprime una dolce sofferenza eroica attraverso lo sguardo.
Gli occhi, uno avvolto nella luce, l’altro, nell’ombra, non fissano davanti a sé. Sono rivolti verso sinistra, verso una direzione precisa. Verso i suoi aguzzini. Con la bocca semi aperta e perfettamente delineata anche nei denti che si intravedono, sembra che Gesù stia parlando o sussurrando loro qualcosa. E nel Suo sguardo vi è una pietà luminosa, non rancore, perché sa che il disegno del Padre Suo si deve compiere. E si lascia percuotere, torturare, uccidere.
3.
Dalla finestra retrostante che crea un’altra fonte di illuminazione, Bramante descrive un paesaggio con un richiamo leonardesco nel lento indagare, nell’azzurrina atmosfera e nelle inaccessibili montagne. Ma le ombre non sfociano nelle sfumature, anche in questa zona dell’opera sono mantenuti evidenti i contorni ed ogni singolo particolare compositivo.
Forse quelle imbarcazioni che scivolano lungo lo specchio d’acqua posso far riferimento allo sbarco della flotta turca a Otranto avvenuto nel 1480 cui seguì una sanguinosa battaglia e l’uccisione del vescovo della città. Avvenimento che ebbe una profonda eco e suscitò grande sconvolgimento.
Forse. Ma indubbiamente lo sguardo di Gesù così vivo, rassicura e lenisce le ferite dell’uomo. Viene difficile pensarLo solo come una rappresentazione, un’immagine. Diviene presenza tangibile, corpo, come ribadito dalla pisside sul davanzale.
Il Bramante, dunque, riesce a modellare un’iconografia tra una Flagellazione ed un Ecce Homo riuscendo a creare un dialogo intimo e fortemente emotivo con il fruitore, con il devoto.
Così il cappio intorno al collo e la corona di spine sul capo diventano la corona di Cristo. I simboli del Suo trionfo.
Orietta dice
Peccato solo una cosa:
Che Cristo fu incoronato di spine dopo la flagellazione e questa cosa stona troppo su una perfezione del dettaglio come questa opera.
Cinzia dice
L unica cosa che mi sento di esprimere , è che è verissimo che Dio ha creato l uomo a sua immagine e somiglianza e non uguaglianza. Anche se Gesù era l altissimo, nell’ opera si intravede che proprio prima di morire. , L uomo è solo una creatura creata da Dio , e che nonostante tutto prova paura e disperazione fino all’ ultimo respiro, nella speranza che la parola di Dio sia vera.,.e sia mantenuta tale