Al centro degli arredi scolastici abbiamo la cattedra, oggetto sacro e inviolabile per gli studenti, vera e propria centrale operativa per gli insegnanti.
Generalmente con il termine cattedra indichiamo un tavolo con una sedia a volte fornita di braccioli, posta – quando è possibile – su di una pedana. Dalla cattedra l’insegnante impartisce le sue lezioni parlando con quella competenza che gli è propria (da qui il modo di dire: salire in cattedra). Lui stesso… ha una cattedra! Quando viene assunto, infatti, acquisisce “una cattedra” che sia di geografia, di italiano, di storia o, nell’ambito universitario, di diritto, di filosofia ecc..
La cattedra insomma è un oggetto che ha la sua importanza, direi una sua solennità. Nel gergo ecclesiastico la cattedra è il trono dove siede il sacerdote durante la Messa, ma anche il luogo dove il Papa esercita la sua massima autorità in modo “infallibile”: il Papa non può sbagliare quando parla ex cathedra cioè dalla cattedra, così come decretato dal dogma di Pio IX.
L’interrogazione vicino alla cattedra
Eppure nell’immaginario collettivo dietro la cattedra è seduto l’insegnante. Da studente, i miei occhi erano sempre rivolti alla cattedra, lì sedevano i professori, lì scrivevano i loro appunti, i voti, da quella posizione controllavano tutti gli studenti, quelli svegli e quelli che dormivano, quelli distratti e quelli più attenti. Ricordo la sensazione sempre da studente, di quando venivo invitato a sostenere l’interrogazione vicino alla cattedra: era come avvicinarsi al patibolo, poiché da lì si percepivano gli occhi e gli sguardi dei compagni mentre l’insegnante era terribilmente vicino. Naturalmente, a seconda della simpatia verso quest’ultimo, l’esperienza poteva trasformarsi da relativamente piacevole a tragica.
Alla scuola superiore le cattedre erano posizionate su una pedana di legno e questo faceva sembrare i professori ancora più alti, eccezion fatta per la mia professoressa di italiano del biennio che non riusciva ad avere una altezza tale di questo nome neanche da lì. Nonostante la bassa statura, i suoi occhi fulminavano tutti e nessuno avrebbe mai osato ironizzare sul fatto che la prof parlasse dall’alto della sua cattedra!
In segno di rispetto
Da studente ricordo che ogni qualvolta entrava in aula un insegnante tutti dovevamo alzarci in piedi come soldatini e rimanere in quella posizione finché non fosse arrivato alla cattedra. Solo allora potevamo sederci comodamente. Era un gesto questo non proprio spontaneo ma lo facevamo tutti in segno di rispetto verso il docente. Come sempre usi e abitudini cambiano nel tempo, oggi questa usanza è parzialmente in vigore; alcuni insegnanti tengono a questa riverenza, che personalmente considero un vezzo.
La didattica del futuro prevede l’abolizione della cattedra poiché per alcuni rappresenta un simbolo di autorità e potere. Non condivido questo punto di vista: la cattedra deve stare in classe perché l’insegnante abbia un posto dove poter svolgere il suo lavoro ed incontrare gli occhi dei suoi studenti. Nella scuola primaria la cattedra perde la sua solennità ed è, a mio avviso, un ottimo punto di osservazione.
“Posso venire alla cattedra?”
In alcuni momenti della mia giornata lavorativa, la cattedra rappresenta una meta da raggiungere faticosamente: questo accade simpaticamente perché i miei alunni mi abbracciano e mi salutano affettuosamente quando entro in classe; poggiare i miei libri e il materiale didattico sulla cattedra richiede pertanto qualche affanno, ma l’amore e l’affetto dei bambini è sempre una risorsa e mai un ostacolo.
Anche se durante la lezione mi alzo spesso, ogni tanto mi piace stare seduto in cattedra. I bambini la raggiungono per portarmi i loro lavori, altre volte mi chiedono di sedersi vicino a me: è qui che la cattedra diventa un luogo di accoglienza, come la scuola e la società dovrebbero essere nei confronti di chi vuole imparare, mettersi in gioco e costruire il proprio futuro.
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