All’interno di una classe non può di certo mancare la lavagna. Chi di noi non ha diretto il suo sguardo verso questo oggetto dove generazioni di maestri e professori hanno scritto date, operazioni, sillabe, equazioni, compiti. Gli alunni invece, durante le fugaci ricreazioni, realizzano i propri disegni e scrivono qualche messaggio. Le lezioni iniziano sempre con la data scritta alla lavagna in bella grafia. Allora come oggi, la lavagna attira l’attenzione dei bambini: quante volte mi chiedono di poter prendere i gessi e scriverci sopra.
Già, perché per scrivere sulla lavagna c’è bisogno dei gessi, e se questi sono colorati è ancora più bello. Nel mio girovagare per le classi porto sempre con me una scatolina che ormai i bambini conoscono a memoria: all’interno non c’è la mia merenda, come spesso dico loro per scherzare, piuttosto tanti gessi colorati con cui scrivere e disegnare.
Come nella vita, anche tra arredi scolastici ci sono i protagonisti e coloro che lavorano dietro le quinte. Pur essendo la primadonna per grandezza e importanza, la lavagna condivide la gloria con il cancellino, molto più piccolo e più umile, meno resistente al tempo e all’usura. Senza di esso nessuna lavagna potrebbe essere utilizzata. Ecco come la gloria dei grandi dipende anche dall’umile lavoro dei più piccoli.
Le mani sporche di gesso
La lavagna nel corso del tempo ha subito diversi cambiamenti. Quando ero bambino erano piuttosto ingombranti e potevano essere girate attraverso un meccanismo manuale, perché avevano i quadretti su di un lato e le righe sull’altro, utilizzati a seconda delle necessità. Purtroppo qualche insegnante ne faceva un uso umiliante tanto che i bambini più indisciplinati finivano spesso dietro la lavagna in punizione. Una volta la mia simpatica maestra delle elementari mandò anche me: ricordo il senso di vergogna nel pensare che i miei compagni vedevano solo le mie gambe mentre davanti ai miei occhi c’era il nero più nero, quella superficie fredda come il cuore della mia maestra.
Diversi insegnanti non prediligono usare la classica lavagna di ardesia: troppa polvere di gesso, troppo sporco, poco pratica. Personalmente uso ancora tanto la lavagna in mancanza di mezzi alternativi. Mi piace scriverci per far risaltare i colori, la trovo ottima anche per disegnare; sporcarmi le mani con il gesso dopo aver lavorato non mi infastidisce, anzi mi fa sentire un artigiano della didattica!
Scuola 2.0
Oggi le lavagne sono appese al muro, molte sono senza le righe e i quadretti, alcune sono pezzi di antiquariato che però continuano a svolgere egregiamente il loro lavoro. Le lavagne hanno puntate su di sé gli occhi degli studenti. Se potessero parlare chissà quante generazioni di bambini ci racconterebbero.
Al giorno d’oggi la classica lavagna di ardesia sta lasciando spazio alle più moderne lim (lavagna interattiva manuale), notevolmente più al passo con i tempi, ottime per una didattica nuova che possa offrire all’insegnante contenuti più ricchi. Non tutte le scuole – tra cui la mia – ne sono ancora pienamente fornite, questo è un grave segno di arretratezza perché non usare la lim vuol dire precludersi strade nuove per lasciare spazio alla didattica più tradizionale. I cambiamenti spaventano molti degli insegnanti che preferiscono arroccarsi dietro qualcosa di sperimentato piuttosto che esplorare nuove metodologie di insegnamento.
Chi si pone in questa posizione non conosce le potenzialità delle lim e non sa di parlare ai nativi digitali che davanti alla sempre bella lavagna di ardesia vedono solo una superficie nera, la stessa che vedevo io standoci dietro.
Il mondo dei colori dei pixel della lim cattura l’attenzione di studenti abituati a questo linguaggio; con la lavagna di ardesia i bambini scoprono la scrittura dell’insegnante e che i numeri e le lettere possono prendere colore uscendo dal nero, come in un teatro quando dal buio è l’attore a comparire all’improvviso. Entrambe possono camminare insieme per lasciare viva la storia e aprire la scuola verso il futuro.
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