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LO STUPORE DEL NATALE

L’Adorazione dei pastori, di Gherardo delle Notti

Proviamo a sederci accanto al presepe: un bambino, una madre e un padre riflettono tutta l’umanità. Un’esperienza umana, remota e intensa, ci spalanca la porta alla profondità dell’amore di Dio e soffia via la polvere dell’indifferenza quotidiana che lo nasconde. Ecco il miracolo del Natale: un bambino in una culla, davanti al mondo; l’Incarnazione che ci risveglia alla vita, dipana il groviglio dei fili della vita e ridona la luce ai colori originali del disegno di Dio.

dipinto natività gherardo delle notti
Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori, (1619-1620); olio su tela, 338,5 x 198,5 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi

Quando gli occhi incontrano l’Adorazione dei pastori dipinta nel 1617 da Gherardo delle Notti, hanno un moto di sorpresa. Non si è preparati a tanta intensità luminosa.

Tutti i volti degli uomini e degli angeli presenti nella grotta sono illuminati rivelando gioia e meraviglia. La luce arriva dal bambino Gesù che Gherardo delle Notti dipinge raggiante. È lui la luce del mondo, il nuovo ed eterno sole dell’umanità. Si ripete il comando creatore dell’origine: «Dio disse: “Sia la luce! E la luce fu”» (Gn 1,3). Dal nulla la creazione muove i primi passi; dalla culla il bambino appena nato illumina la Notte santa. Chi gli sta attorno diventa riconoscibile perché c’è lui, diversamente niente prenderebbe forma né avrebbe una fisionomia in quel buio cupo. Oggetti e persone non apparirebbero, quasi non esistessero.

Gherardo delle Notti affida alla forza evocativa del colore il compito di mostrare la nuova origine dell’uomo. Il vecchio mondo scompare nelle tenebre della notte per rigenerarsi a partire da quella luce che il bambino irradia con il suo corpo. Non proviene da nessun altro luogo se non dalla culla. La vita nello scorcio di Betlemme ritorna al momento primordiale del tempo, ma con una nuova corporeità, quella di un bambino che guarda la madre e dà chiarore al piccolo universo che gli sta attorno, lo dà dalla nuda terra quasi fosse un fuoco acceso e un sole che sorge.

Il quadro, in controtendenza rispetto alla pittura che imponeva la corrispondenza dell’arte con il vero della natura, inverte la logica della fonte di luce. Gherardo preferisce la via forte del simbolismo. La scena potrà sembrare ingenua e irrealistica, ma il significato non dà luogo a equivoci: Cristo è la luce del mondo.

Gerrit o Gerard van Honthorst, più noto in Italia come GHERARDO DELLE NOTTI (1592-1656), appartiene al movimento dei caravaggeschi. Nato a Utrecht, in Olanda, soggiorna per un decennio in Italia lavorando a Genova e Roma. Nel 1622, alla morte di papa Paolo V, ritorna in Olanda.

L’Adorazione dei pastori, conservata agli Uffizi di Firenze, è stata irreparabilmente danneggiata nel 1993 da un’autobomba nella strage mafiosa di via dei Georgofili.

La Natività: una festa del futuro

Per le stesse ragioni simboliche, la Chiesa stabilì di far coincidere la nascita di Gesù con la data del 25 dicembre. Nell’arco di due secoli, in seguito a una serie di eventi e di studi, si arriva a consacrare la festività natalizia: le poche notizie disponibili dicono che nell’anno 138 viene istituita a Roma la messa di mezzanotte per celebrare la nascita di Gesù. Nel 204 Ippolito da Roma stabilisce che il giorno della nascita di Gesù sia da fissare nel 25 dicembre perché in quel giorno veniva allora celebrata la festa della consacrazione del Tempio, introdotta nell’anno 164 a.c., e la data di nascita di Gesù verrebbe a simbolizzare due significati contemporaneamente: Gesù sorge come luce di Dio nella notte invernale e con lui avviene la vera consacrazione del Tempio perché Dio si stabilisce sulla terra. Ma occorrerà attendere l’anno 354 per vedere ufficializzato nel calendario il 25 dicembre come la data in cui «natus est Christus in Betleem Judaeae».


Il 25 era poi una data simbolicamente molto forte nell’antichità: si riteneva coincidesse con il solstizio d’inverno, il giorno finiva di accorciarsi e il sole ricominciava a proiettare il suo dominio che lo avrebbe condotto ai trionfi dell’estate. L’imperatore Aureliano, nel III secolo d.c. aveva dedicato quel giorno ai festeggiamenti del «natale del sole vittorioso» (sol invictus), in onore del dio Mitra, riconosciuto fonte della luce. La festa pagana viene cosìtrasformata in solennità cristiana: Cristo che si incarna diventa il vero sole in grado di illuminare le profondità dell’uomo.

Leggi gli altri articoli in “Capolavori”


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