Quando si va a scuola i giorni non sono tutti uguali, questo vale sia per gli insegnanti che per gli studenti. Di solito dell’esperienza scolastica restano impressi nella nostra memoria qualche gita, un compagno, un insegnante che ha toccato il nostro cuore, ma soprattutto si ricordano il primo e l’ultimo giorno di scuola.
Non ricordo il mio ultimo giorno di scuola delle elementari, forse perché volevo liberarmi di un’esperienza che non mi ha mai entusiasmato; lasciavo una maestra – l’unica – con la quale non è mai scattata l’intesa, che ricordo senza un particolare slancio affettivo.
Mi sono sempre sentito orfano di questa figura, tanto cara ai bambini, capace di scaldare i ricordi dell’infanzia. Ricordo però il primo giorno dell’asilo vissuto in lacrime: ero seduto su un banchetto in preda al panico, con la paura che stavo per essere abbandonato, facendo la fine di Pollicino lasciato da solo in mezzo al bosco.
L’ultimo giorno di scuola è particolarmente carico di emozioni. I bambini salutano commossi i loro insegnanti, mentre questi ultimi sanno di doverli lasciar partire per costruire e conquistare il loro futuro. Ricordo molti momenti come questi vissuti da insegnante. È il giorno in cui i bambini bagnano la mia camicia con le loro lacrime, in cui l’emozione pervade gli animi e un po’ tutti viviamo quel senso di distacco che appare difficile da sopportare.
Sicuramente l’ultimo giorno di scuola del 2020 rimarrà scolpito nei ricordi di tutti. Non ha suonato quell’ultima campanella tanto attesa dagli alunni con un grido di esultanza, non c’erano all’uscita i genitori pronti a festeggiare con coriandoli e palloncini, non c’erano le canzoni e le animazioni festose come da tradizione. Il coronavirus ha tolto a molti bambini e ragazzi il sogno di vivere questa esperienza; il distanziamento, imposto con norme molto restrittive soprattutto al mondo della scuola, è quanto di più doloroso possa vivere una comunità scolastica.
9 giugno 2020: per questo insolito ultimo giorno di scuola mi ritrovo da solo nel mio studio; il pc, fedele compagno di lavoro per molte ore in questo periodo di didattica a distanza, è pronto per un ultimo video saluto con i miei alunni della V A.
Appena si apre il collegamento, noto che i volti dei miei alunni sono tesi, avviliti, non c’è la solita aria frizzante delle video lezioni: sapevamo di doverci salutare, doloroso è farlo in questo modo. La maggior parte dei bambini ha i genitori al loro fianco; se è vero che ci affezioniamo ai bambini, è altrettanto vero che con le loro famiglie si crea spesso un legame di collaborazione, di stima, a volte anche di confidenze soprattutto quando questa conoscenza si è consolidata negli anni.
A questo incontro sono stati invitati alcuni bambini trasferiti in altre scuole o in altre città; addirittura è collegato un bambino dal Brasile, in questo la tecnologia ci aiuta ad abbattere le distanze. Nei suoi occhi c’è la gioia di rivedere i compagni con cui ha trascorso una parte del suo percorso scolastico.
Si percepisce un’emozione particolare. Traspare la consapevolezza di non poterci abbracciare, stringerci la mano, si riconoscono nei nostri volti le emozioni che ci hanno legati in tutti questi anni.
Come tutte le cose c’è un inizio e c’è una fine; io non sono fatto per gli arrivederci, preferisco di gran lunga i bentornati. Le lacrime sul volto dei bambini sono scese lo stesso mentre guardavano le immagini del loro percorso scolastico preparate dai genitori con alcune significative foto del passato a partire da quando, cinque anni fa, arrivarono a scuola con indosso i grembiuli appena acquistati, quasi più grandi di loro. Anche per noi insegnanti l’emozione è stata travolgente; ho percepito, una volta terminata la visione del video, quella bella sensazione di rimanere senza parole.
Giunti al termine dell’incontro ho avuto l’ingrato compito di dover chiudere il collegamento. Non ci riuscivo: premere “leave meeting for all” voleva dire dare il via agli inevitabili titoli di coda di questa lunga esperienza scolastica. Dopo un primo vano tentativo, ho guardato quel pulsante rosso senza trovare il coraggio di chiudere. Quando ho trovato la forza di farlo mi ha pervaso un senso di amarezza. È come quando si mangiano cinquanta ciliegine e l’ultima è disgraziatamente quella meno saporita.
La stanza mi è apparsa vuota, colma di un silenzio che sapeva di distacco; ho percepito che i miei alunni stavano prendendo il volo mentre io, pieno di gratitudine, ringraziavo la vita che è l’arte dell’incontro.
La scuola è una grande storia d’amore e, come tutte le grandi storie d’amore che si rispettino, lascia segni indelebili nelle nostre anime.
Edoardo dice
Grazie maestro Andrea….
Edoardo VA