I supereroi ci accompagnano fin dall’infanzia e rimangono con noi per tutta la vita.
Un vero supereroe – proprio perché tale – non conosce il declino, l’oblio e lascia tracce indelebili nelle esistenze di coloro che lo hanno seguito. Oggi i bambini hanno i loro supereroi, possiedono carte, figurine, oggetti e quotidianamente li seguono su internet o in televisione. Mi è stato chiesto se anche io, da piccolo, avessi i miei supereroi. Certamente, come tutti i bambini della mia età.
Braccio di ferro
I miei supereroi erano personaggi che mi hanno accompagnato durante la crescita, partendo dal mondo del fumetto, che seguivo con piacere. In modo particolare Braccio di Ferro ha allietato le mie prime letture. Mi piacevano le avventure di questo misterioso marinaio innamorato e geloso della sua Olivia; suo antagonista era Bruto che finiva sempre per essere picchiato dal muscoloso marinaio la cui forza aumentava dopo aver mangiato un barattolo spinaci. In quel fumetto c’erano anche altri personaggi buffi e imprevedibili come Trinchetto che, tenendo fede al suo nome, amava molto il vino; Poldo ghiotto di panini, e il simpatico Pisellino, bimbo che gattonava senza meta finendo spesso nei guai. Braccio di Ferro era un personaggio positivo sempre pronto a difendere la sua amata, usava la sua forza a fin di bene anche se la genesi originaria di questo soggetto, nato nei primi del ‘900 era di indole malvagia.
Diabolik
Rimanendo nel campo dei fumetti oltre ai classici Disney che vedevano in Zio Paperone e Paperino i miei eroi, a casa avevamo un’ampia collezione di Diabolik di cui i miei fratelli erano instancabili lettori e collezionisti. Ho letto migliaia di storie di questo “genio del male”, il re dei fumetti gialli. Dal nome potrebbe sembrare un personaggio malvagio perché era un ladro e – soprattutto nei primi anni delle pubblicazioni – era piuttosto sanguinario. Fondamentalmente di Diabolik mi colpiva il suo codice d’onore: rispettava il suo avversario, l’ispettore Ginko, amava perdutamente la sua Eva, non ha mai trafficato droghe e non uccideva gratuitamente. Era un ladro astuto e imprendibile ma mai volutamente cattivo.
Sbirulino
Anche la televisione ha avuto i suoi protagonisti. Alcuni di loro vivono ancora nei miei ricordi, soprattutto perché legati a delle canzoni meravigliose, dettaglio per me non indifferente. Ricordo la sigla dei Jefferson, uno spiritual dal ritmo serrato o quella di Happy Days che apriva le puntate di un telefilm i cui eroi, a distanza di molti anni, sono ancora popolari. Chi non ha mai imitato le movenze e la pettinatura di Fonzie?
Aspettavo con trepidazione la sigla di Sandokan che aveva il suo culmine nel salto con la tigre; in realtà oltre alla canzone e agli occhi magnetici di Kabir Bedi non ricordo molto della storia.
Da bambino amavo moltissimo la figura di Sbirulino. Solo dopo molti anni seppi che dietro a quella maschera si nascondeva la geniale Sandra Mondaini… un mistero come la vera identità di Babbo Natale! Sbirulino faceva impazzire i bambini della mia età, semplice, ingenuo, spiritoso e leggero.
A proposito di Sbirulino vi racconto un episodio della mia infanzia. Non ricordo in quale programma serale si esibisse, ma io lo aspettavo con trepidazione nonostante i miei genitori non volessero che io facessi tardi. Durante l’ultima puntata della trasmissione vidi Sbirulino salutare il pubblico e lentamente allontanarsi; iniziai a piangere perché che non sapevo quando e dove lo avrei rivisto.
Perché quelle lacrime? Perché quegli eroi erano legati ad un tempo limitato. Una volta terminato il programma era la fine di tutto. Oggi i bambini conoscono i programmi tv e utilizzano internet per poter rivedere i loro eroi in qualsiasi momento. Non esiste più un bambino che piange per aver visto andar via il suo Sbirulino. Mi pongo una domanda alla Marzullo: è meglio veder andar via i propri supereroi conservandone il ricordo o poterli rivedere in qualsiasi momento?
Non so quale delle due ipotesi sia la migliore, probabilmente ogni epoca ha i suoi mezzi di comunicazione. I nostri ragazzi però non vivono il distacco, non sanno cosa voglia dire vedere il proprio Sbirulino andare via. Vivono un’anticipazione dell’eternità, nel tempo del consumismo dove l’offerta è talmente alta che soffrono di una inconsapevole abulimia.
Ripenso allora alla frase dei discepoli di Emmaus che, non vedendo più Gesù con loro, affermano: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?”.
Dobbiamo far conoscere ai nostri giovani, e riscoprirla noi adulti, quella sensazione di sentire il cuore ardere per una presenza che amiamo. Solo così coglieremo a fondo la pienezza di ciò che ha valore.
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