In questo periodo la scuola ha i riflettori puntati su di sé, l’attenzione pubblica in merito è altissima. “Come rientreremo?” è la domanda che mi viene posta di frequente. Generalmente sono abituato a domande ben più impegnative sotto il profilo teologico. Questa rientra nel campo dell’ignoto.
Ne abbiamo sentite davvero di tutti i colori: lezioni metà a casa e metà a scuola (che ricorda la famosa “bizona” del mister Oronzo Canà!) proposta dalla Ministra dell’Istruzione, plexiglas tra i banchi, lezioni in parrocchia, nei parchi, nei teatri (non hanno nominato le spa), banchi anticovid con rotelle, senza rotelle, rime buccali, metri statici e metri dinamici, no alle cattedre (ma questa è una vecchia battaglia delle innovatrici della didattica).
Insomma, in alcuni momenti non si capiva se quanto proposto fossero bizzarre farneticazioni, invenzioni della stampa per riempire le pagine dei giornali o proposte serie.
C’è tanta confusione nel mondo della scuola, paragonato ad un enorme elefante per lo Stato, che conta otto milioni di studenti, sedici milioni di genitori, e quasi un milione di docenti a cui si aggiunge il personale non docente che per diversi motivi rientra nel comparto scuola. Mettere mano a questa mastodontica macchina richiede risorse, efficienza e competenza: faccio fatica a scorgere una sola di queste qualità negli ultimi governi del nostro Paese. Solo con l’emergenza della pandemia ci si è resi veramente conto di avere scuole fatiscenti, banchi con il calamaio, classi pollaio e un corpo docente avanti negli anni. E’ l’Italia del giorno dopo che, davanti alle emergenze, si accorge della trascuratezza e della negligenza della politica degli anni passati.
Una volta archiviati questi discorsi mi rendo conto – da insegnante – che tra qualche giorno ritroverò i miei alunni. Questo insolito inizio di anno scolastico pone ogni insegnante davanti ad uno scenario nuovo. Non penso più alla scansione temporale degli argomenti, alla sistemazione delle aule, ai libri da proporre: davanti ai nostri occhi avremo degli alunni che vengono da un periodo di pandemia, lontani dalle aule da sei mesi, con domande e dubbi importanti. Non importa che siano bambini o ragazzi, ognuno porterà con sé un pezzo di vita vissuto e cercherà un nuovo senso a parole come “distanziamento”, “pandemia”, “isolamento”, “contagi”.
Cercheranno un senso anche con i loro insegnanti. Cosa diremo ai nostri alunni? Inevitabilmente si dovrà tener conto di questo aspetto importante; gli studenti non troveranno la scuola che hanno lasciato, alcuni dei punti di riferimento (insegnanti, compagni, organizzazione spazio/tempo) potrebbero essere messi in discussione. Inevitabilmente vivremo un periodo di disorientamento.
È il tempo di essere forti, sinceri, autentici, di mettere da parte i musi lunghi, i malumori, le polemiche, i disagi e proporre ai nostri alunni un’opportunità ancora nuova per crescere. Dovremo scherzare di più, essere allegri, positivi. Il rapporto docenti-alunni è ancora più importante in questo periodo. La bussola dei docenti dovrà puntare a ritrovare la strada anche nei momenti in cui ci si sente persi.
È il momento in cui docenti, genitori e studenti facciano squadra. Insieme navigheremo in questa barca che è la scuola: c’è qualche falla ma è nei momenti difficili che si vedono i grandi eroi e i grandi capitani.
Mi sono chiesto, in questo ultimo tempo, se potevo trovare dei sussidi per affrontare questo momento. Durante il periodo del lockdown si sono moltiplicati webinar e corsi di formazione che tentavano di analizzare questi aspetti. Al di là delle chiacchiere e delle indicazioni più o meno valide, sarà la capacità di ascoltare i nostri giovani la prerogativa assoluta per un buon inizio. Ritagliamo del tempo – soprattutto in fase iniziale – per ascoltare i nostri ragazzi, chiediamo loro quali sogni e quali paure hanno nel cuore in un momento così importante e delicato. In tal senso gli insegnanti possono fare molto, anche più delle famiglie e degli psicologi. Per il rientro a scuola sono stati interpellati virologi, scienziati, sindacati, avvocati, ingegneri ma nessuno ha posto in essere una riflessione che possa aiutare e sostenere il lavoro dei docenti. Degli insegnanti si parla solo sparando fantomatici numeri per le assunzioni (che mi sa tanto di propaganda elettorale), di contratti, scioperi.
E allora avanti tutta, in alto i cuori e animi allegri. Mettiamo nelle nostre borse più sorrisi, più ascolto. Aiuterà tutti a ripartire non con la paura ma con il coraggio di affrontare nuove sfide. Almeno finché durerà.
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