Passeggiando lungo le vie della città, una bambina di quattro anni chiede alla madre: «Di chi è la chiesa?». »La chiesa è la casa di Gesù», risponde la mamma. Allora la piccola replica: «E perché Gesù ha tante case?»
Una mamma mi riporta il dialogo avuto con la figlia curiosa di sapere qualcosa di più della chiesa. È una domanda questa che mi viene formulata spesso. Quegli strani edifici con la croce posti in mezzo a palazzi, supermercati, centri commerciali e parchi pubblici, evidentemente attirano l’attenzione dei più piccoli.
Partiamo dal concetto di “casa di Gesù”. Generalmente i genitori offrono questo tipo di risposta ai bambini i quali, giustamente, hanno il loro concetto di casa: un luogo dove si mangia, si dorme, si gioca, si vive. In base a questo, i bambini si chiedono: Gesù fa tutte queste cose in chiesa? E perché Gesù lo troviamo solo in chiesa? Ma, se è la sua casa, perché ne ha così tante? Tutte domande lecite agli occhi di bambini curiosi.
Maiuscole e minuscole
Di chi è la chiesa allora? Più che la casa di Gesù, direi che è la casa dei cristiani dove poter pregare, incontrarsi, imparare, vivere il cammino di fede sia singolarmente che comunitariamente. La chiesa, quella con la “c” minuscola, è fatta di pietre, mattoni, cemento, mentre la Chiesa, con la “C” maiuscola, è la comunità dei cristiani. Una volta un mio alunno, in seguito a questa spiegazione, affermò con un’ottima intuizione: “Potremmo dire allora che la Chiesa si riunisce in chiesa”.
Fin dalla mia infanzia, i miei genitori mi hanno sempre accompagnato in chiesa, lo ritenevano un dovere religioso da adempiere. All’epoca non capivo molto di questa abitudine ma ci andavo volentieri; lì incontravo il mio parroco, gli altri bambini, le catechiste, alcune suore di cui conservo ancora il ricordo, l’aria era intrisa di un sano buonismo e positività. La Messa era celebrata per noi bambini in una cappellina, un luogo che sembrava fatto a misura di bambino. Con il tempo la mia frequentazione ha assunto un’altra dimensione, più matura e consapevole; all’interno della chiesa e degli ambienti parrocchiali ho conosciuto molte persone, amici, famiglie, sacerdoti.
Per me la Chiesa è diventata nel tempo una seconda famiglia, una comunità in cui vengono condivisi momenti di vita, emozioni, sentimenti che possono – e devono – andare al di fuori della parrocchia, rimanendo salda ai valori e al credo che professa. San Paolo indica chiaramente la strada da seguire per essere Chiesa: «Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,1-3). Solo così la comunità cristiana saprà essere «un solo corpo e un solo spirito» (Ef 4,4) rimanendo aperta all’accoglienza dell’altro.
Casa nostra
Oggi purtroppo molte parrocchie – complici anche parroci poco attenti – sono diventate delle “agenzie di servizio del culto” dove la gente si reca quando ne ha bisogno, ad orari stabiliti come all’ufficio postale, per celebrare un battesimo o un matrimonio, per richiedere un certificato o per iscrivere i figli al catechismo. Una volta ottenuto quanto desiderato, il legame si dissolve. Se la intendiamo così, la chiesa non può essere un luogo di incontro, di vita condivisa alla luce di un cammino di fede che si fa comunitariamente. Le porte devono essere aperte per dare uno spazio – sia fisico che spirituale – a chi vuole vivere la comunità.
La chiesa è quindi una casa. Di tutti. A casa si torna per trovare la pace e le persone a cui vogliamo bene; è il luogo dove riposare, rifugiarsi, mangiare, crescere, condividere. Tutto questo deve valere anche per la Chiesa ed è bello sapere che ogni cristiano può trovare al suo interno una seconda casa dove incontrare il Signore, padrone di casa, insieme ad altri fratelli e sorelle con cui vivere e condividere molto più di una Messa cantata.
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