Federica, una bambina di sette anni, chiede al papà perché in Vaticano non entrino i poveri. La domanda mi viene girata ed io l’accolgo con piacere.
Piccolo e grande (insieme)
Partiamo da un dato importante: la Città del Vaticano è lo stato più piccolo del mondo, grande appena 440.000 mq e con 1000 abitanti, per lo più sacerdoti, suore, guardie svizzere e qualche dipendente. Uno stato piccolissimo che ha una eccezionale visibilità visto che il suo più illustre cittadino è niente meno che il Papa.
All’interno del Vaticano troviamo tante ricchezze, soprattutto dal punto di vista artistico. L’atteggiamento poco incline alla sobrietà di alcuni papi del passato ha fatto sorgere più di un dubbio in merito al rapporto tra povertà e Chiesa, tra soldi e religione. L’uomo ha sempre costruito grandi templi, offerto alle divinità ricchezze di ogni tipo. Esistono grandissime chiese, moschee, sinagoghe, templi indù e buddisti; ciò che l’uomo offre a Dio non deve precludere la carità verso i fratelli.
In cammino con i poveri
Ricordando che la Chiesa deve essere povera, Papa Francesco ha dato una sterzata in questo senso, attirando inevitabilmente su di sé anche qualche critica.
Il Vaticano non ha come scopo primario quello di accogliere i poveri, anche per via degli esigui spazi; eppure proprio al suo interno esiste la casa “Dono di Maria” aperta trent’anni fa da Madre Teresa di Calcutta, una struttura che accoglie i bisognosi della città. Poiché non può accogliere gli indigenti tra le proprie mura, il Vaticano opera al di fuori dal suo territorio.
A tal proposito vorrei ricordare il passo del Vangelo dei due discepoli che, nel giorno della risurrezione di Cristo, andavano verso Emmaus: “Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro” (Lc 24,15). Erano tristi, non l’avevano riconosciuto. Mi è sempre piaciuta questa immagine di Gesù che cammina al fianco dei due discepoli; la loro tristezza li rendeva come dei poveri davanti al Signore eppure Gesù non li abbandona, cammina con essi. L’invito di Gesù è chiaro: la Chiesa, ispirandosi al racconto evangelico poc’anzi citato, deve uscire dalle sue mura e camminare insieme a chi è nel dubbio, a chi è povero non solo materialmente.
Molteplici sono le opere di carità che lo Stato Pontificio destina ai poveri. L’elemosineria Apostolica giornalmente e con discrezione si prende cura di tante persone povere. Le offerte che si raccolgono con le pergamene delle benedizioni papali sono interamente destinate alla carità. Lo stesso Papa, ogni tanto, invia beni di prima necessità ai poveri, addirittura delle buste con del denaro. Potremmo allargare il discorso alle opere missionarie che la Chiesa cattolica fa in tutto il mondo in tutte quelle zone colpite dalla fame, dalla guerra e dalla povertà.
Le missioni
Molti anni fa incontrai padre Carlo Vaquer, carismatico frate missionario in Madagascar; i suoi racconti su quanto accadeva in quel poverissimo paese africano erano affascinanti. I missionari spendono la loro vita per costruire scuole, pozzi, ospedali, curare i malati di lebbra e molto altro rischiando in prima persona. Lui stesso, mi raccontava, era sotto minaccia costante da parte degli stregoni locali che più volte hanno tentato di avvelenarlo.
Le riprese video di piazza san Pietro fatte dall’alto mostrano il colonnato del Bernini aprirsi come un abbraccio; se la Chiesa sarà attenta e protesa verso i poveri, saprà trasformare simbolicamente quelle colonne di marmo in braccia d’amore verso gli uomini e le donne di tutto il mondo.
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