In questo periodo presento ai miei alunni di seconda elementare il “Cantico delle Creature”; è una poesia che sa emozionarmi ogni volta, che può essere letta a tutti, dai bambini della scuola dell’infanzia al liceo, ovviamente con sfumature e prospettive diverse a seconda della fascia d’età.
Le osservazioni dei bambini sono sempre curiose e stavolta una mia alunna mi ha chiesto perché San Francesco avesse ‘dimenticato’ i genitori. Perché nel cantico non c’è anche una strofa dedicata al papà e alla mamma?
La domanda è più che lecita: i bambini ancor prima di lodare Dio per il fuoco – realtà poco concreta al giorno d’oggi – o sorella acqua ringraziano Dio per il papà e la mamma. E allora perché San Francesco non l’ha fatto?
Nel Cantico delle Creature san Francesco si rivolge alle creature usando un tono confidenziale. Diventano sorelle l’acqua, la Luna e le stelle, mentre sono chiamati fratelli il Sole, il fuoco, il vento, l’aria, le nuvole, il sereno; Francesco si sente parte del Creato, è lui stesso un fratello di queste creature. Ha una tale confidenza da sentirle vicine e fa in modo che anche il lettore si senta parte di questo magnifico universo. Una madre c’è ed è la Terra, lei ci sostiene, ci alimenta e ci governa producendo ciò che è necessario per vivere, proprio come fa la mamma che ci sostiene nei momenti difficili, provvedendo alle nostre esigenze, sia fisiche che spirituali.
La famiglia di Francesco
È possibile che in queste considerazioni Francesco riveda la sua stessa madre, Pica Bourlemont, una donna che viveva nell’ombra, amava il figlio e ne comprendeva le stravaganze perché anch’essa ispirata dal Vangelo. Il padre Pietro di Bernardone era invece un uomo ricco e avaro, che non esitò a ripudiare pubblicamente il figlio che sentiva lontano dai suoi ideali di ricchezza materiale. Francesco non esitò a ribellarsi, insegnandoci che in alcuni casi è un dovere disobbedire ai genitori quando cioè essi si discostano dalla volontà divina.
La famiglia per San Francesco non è quella in cui è nato bensì quella che vede nelle creature; gli uccelli, le cicale, fintanto i lupi diventano suoi fratelli. Loda tutte le grandi opere come il sole, la Luna, le stelle così come il fuoco e l’acqua, elementi semplici ma essenziali per la sopravvivenza. L’acqua la definisce pura – all’epoca lo era senz’altro più di oggi – e soprattutto umile. L’acqua è umile perché scende sempre verso il basso, non punta mai verso l’alto. Ne loda l’umiltà, una sorella umile che ha tanto da insegnare.
Lo chiederemo agli alberi
Facendo una passeggiata in montagna respiriamo l’aria, il profumo delle piante, ascoltiamo i versi degli animali non estranei da noi; nel creato c’è una familiarità tra tutte le creature. E la natura è la maestra che Dio ha messo in cattedra per insegnare a noi uomini; lavorando la madre Terra trionferanno i frutti, osservando la straordinaria intelligenza delle api troveremo ispirazioni per costruire una società migliore, ascoltando il suono più antico del mondo, quello delle onde, ci renderemo conto che il tempo è infinito, viene da una lontananza che non sappiamo calcolare.
Faremo nostre le parole della canzone di Simone Cristicchi, “Lo chiederemo agli alberi”: accorgersi in un momento di essere parte dell’immenso, di un disegno molto più grande della realtà.
Il Cantico delle Creature arriva dritto al cuore perché ci ricorda che non siamo padroni del mondo ma fratelli e sorelle insieme alle altre forme di vita, figli di una grande madre che va valorizzata, custodita, coltivata e protetta.
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