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QUEL PRESEPE DI MIO PADRE

Quando partono le note di “Mele Kalikimaka”, nella versione cantata da Mina, inizia per me il periodo natalizio.

La musica, che scandisce tutta la mia vita, assume in questi giorni un altro colore, altri toni, crea subito l’atmosfera giusta. Immediatamente penso all’albero, al presepe, ai colori rosso e oro tipici di questo periodo. Non avrebbe lo stesso effetto per noi ascoltare nella calura d’agosto “Feliz Navidad”, altra meravigliosa canzone di Josè Feliciano. Mele Kalikimaka è la riproduzione approssimativa di “merry christmas” delle isole Hawaii. Eh sì, perché mentre noi lo festeggiamo nel periodo invernale, c’è chi in spiaggia indossando il cappello di Babbo Natale si scambia gli auguri.

Ricordo quando da bambino aspettavo con trepidazione il Natale. Era tradizione andare a casa di mia cugina e lì festeggiare tutti insieme, i miei genitori, fratelli, sorella, zii e parenti. Erano occasioni uniche durante l’anno e spesso si festeggiava ad oltranza, fino alle prime ore del mattino; dopo cena mangiavamo il panettone, si scartavano i regali e iniziavano interminabili partite a carte a cui partecipavo una volta cresciuto e dopo aver capito i meccanismi del gioco.

Non poteva mancare il presepe e, a casa mia, avevamo un maestro in questo genere. Mio padre aveva un talento innato per realizzare i presepi; spesso impiegava molto tempo per realizzarlo, doveva iniziare molti giorni prima per preparare gli ambienti adatti a ricostruire la notte di Natale. Ricordo che un anno ne realizzò uno che, ai miei occhi di bambino, era monumentale: tanto sughero per le montagne, un lenzuolo azzurro per il cielo, le case, la stella cometa, i personaggi che sembravano muoversi in direzione della grotta di Betlemme. Dopo anni di inattività decise – a sorpresa – di realizzarne uno che ancora conserviamo perché carico di un significato particolare; fu infatti il suo ultimo Natale.

Il Natale ha le sue tradizioni e anche il suo significato profondo. Questa notte metteremo nel presepe il Bambino Gesù; un Dio che si fa piccolo, nascendo in povertà, privo di quanto necessario ad un neonato. Ogni evento assume un particolare significato. I pastori sono i primi ad arrivare da Gesù Bambino, la gente più semplice, povera, costretta ad un lavoro poco gratificante per guadagni e stile di vita. Poi i magi, straordinari personaggi che da Oriente arrivano portando i loro doni; sapienti illuminati dalla sapienza delle scritture e guidati da una stella che li porterà proprio davanti al Bambino di Betlemme. Essi seguono un orientamento sia geografico sia spirituale.

Quella notte deve essere rimasta anche nel cuore di San Francesco che decise, la vigilia di Natale del 1223, di mostrare la povertà di Gesù Bambino nel presepe di Greccio.

Il Natale evoca buoni sentimenti ed è per questo che in fondo è una festa sentita anche da coloro che non credono. Ci sono modi di dire come “a Natale siamo tutti più buoni”, “a Natale si può fare di più”. Si moltiplicano iniziative benefiche come pranzi per i poveri, pesche di beneficenza, raccolta di giocattoli per i bambini meno fortunati, tutto buono anche se questo stato d’animo rivolto agli altri dovrebbe perdurare nel tempo e non “da Natale a Santo Stefano”!

Il tempo natalizio dovrebbe stimolare la pace e la solidarietà, eppure il mondo sembra indifferente ai grandi problemi dell’umanità, la guerra, lo sfruttamento, la povertà, la corruzione, il degrado ecologico. Nella canzone “Buon Natale (se vuoi)”, Eros Ramazzotti si chiede: “Dimmi perché è Natale ma pace non c’è. ‘Buon Natale’ ma il senso qual è? Due parole da dire perché è normale, crescerà un enorme albero quando finirà questa follia, un Natale verrà e per sempre ci cambierà”. Il Natale con il suo messaggio di tenerezza deve vivere dentro di noi, aprire il cuore di tutti per arrivare alle periferie dell’umanità; un Dio che si fa Bambino sconvolse il suo tempo e ancora oggi ci invita a farci piccoli.

Papa Francesco ci ha ricordato che in questa notte siamo chiamati ad “accogliere non un personaggio da fiaba, ma il Dio che ci interpella, ci coinvolge e davanti al quale si impone una scelta. Il Bambino che giace nel presepe ha il volto dei nostri fratelli e sorelle più bisognosi, dei poveri che sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi” (Angelus, 15 dicembre 2019).

Buon Natale ai lettori di BibbiaGiovane, che sia un giorno e un tempo di pace e di accoglienza dell’Amore che viene.

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Info Andrea Gironda

Andrea Gironda, nato a Roma nel 1974, è insegnante di religione nella diocesi di Roma. È autore del libro “Anche i pidocchi vanno in Paradiso” e con Àncora ha appena pubblicato "Chiedetelo ai vostri bambini".
Cura il sito www.andreagironda.it

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19 Dicembre 2018 By Àncora Editrice 1 commento

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