«La carezza di Francesco ad Asià, il mio cane-guida, fu uno dei primi segnali del nuovo stile di questo pontificato». Alessandro Forlani era uno dei 5mila presenti in Sala Nervi, per l’incontro tra il nuovo Papa e i rappresentanti della stampa. Era il 16 marzo 2013, appena tre giorni dopo la fine del conclave. Al termine dell’incontro Bergoglio benedisse il giornalista piacentino e accarezzò il bellissimo labrador, inaugurando una stagione papale piena di fuori programma.
Un uomo schivo, Forlani. In venti minuti di conversazione a partire dal vangelo di domenica 28 ottobre, quello del cieco Bartimeo, non si piange mai addosso né sottolinea le difficoltà quotidiane di una coppia non vedente. Alessandro a causa di una malattia degenerativa, sua moglie dalla nascita: commovente il racconto che ne fece La Stampa proprio in quella primavera del 2013, quando la loro bimba aveva pochi mesi («Capita di vederli portarla a spasso con la carrozzina per il quartiere Prati, hanno messo a punto una tecnica personalissima: Antonella che è più esperta sta avanti e con il bastone saggia la strada, Alessandro da dietro spinge la carrozzina. Lui è il motore e lei la guida»).
Si metta al posto di Bartimeo. Gesù le chiede: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Anche lei risponderebbe: «Che io veda di nuovo»?
No. Gli chiederei di farci capire i misteri della vita. Vorrei sapere perché ha permesso che ci fosse il male su questo mondo. E perché ci sono persone che si rifiutano di capire, sempre. Sì, anche la stupidità umana è proprio un grande mistero.
Il cieco che incontra Gesù nel brano del Vangelo era emarginato dalla società. È cambiato qualcosa?
Molto: oggi c’è molta attenzione nei confronti della disabilità. Da un lato rimane un atteggiamento tradizionale, quello dell’aiuto e della pietà, e per fortuna che esiste. Ma a questo si aggiunge una visione più moderna. È quella delle pari opportunità, di chi vuole offrire a ciascuno, indipendentemente dalle sue condizioni di partenza, la possibilità di cavarsela da solo.
Lei è stato uno dei primi a incontrare Papa Francesco. Che giudizio dà a questi cinque anni di pontificato?
Non mi sento all’altezza per dare un giudizio. Siamo in un mondo globalizzato che cambia rapidamente: persino i bambini da una generazione all’altra sono completamente diversi. Cambia tutto, ma la Chiesa rimane ferma, a parte il Concilio che un certo scossone lo ha dato. Ora Francesco sta facendo scelte forti, per quanto dica che non è cambiato nulla dal punto di vista della dottrina. Ma anche solo l’attenzione verso le persone separate, o la pastorale verso gli omosessuali possono mettere a disagio alcuni tra i cosiddetti cattolici tradizionali. È inoltre particolarmente sensibile ai drammi vissuti dai migranti e al dialogo con le altre religione. Il Papa rimette al centro la Scrittura rispetto alla tradizione, e questo più di qualche problema interno alla Chiesa lo crea. Oltre al fatto che, così mi sembra, ha rimesso al centro la parrocchia. Ho avuto l’impressione che in anni passati la Chiesa si affidasse troppo a movimenti ecclesiali.
Pensa che il Sinodo dei giovani possa essere un’altra occasione di cambiamento? O, una volta terminato, non resterà nulla?
Già il fatto che i giovani siano stati chiamati in un Sinodo è una novità. Se ci sarà un cambiamento o meno, dipende anche da quello che diranno e faranno i giovani: a volte possono essere più vecchi dei vecchi. Un Papa che si commuove, pensando ai problemi della Chiesa, è qualcosa di assolutamente nuovo.
Lorenzo Galliani
Il vangelo di domenica 28 ottobre
Gesù guarisce il cieco Bartimeo (Mc 10, 46-52)
E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
(Nicolas Poussin, Gesù guarisce il cieco di Gerico, 1650, olio su tela, Museo del Louvre, Parigi. Qui la descrizione dell’opera, a cura di Sr. Maria Gloria Riva per culturacattolica.it)
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