Prendere un aereo, volare sopra le nuvole, È un’esperienza affascinante. Si vede tutto da lassù: l’azzurro del cielo, i paesaggi, le strade, i laghi che sembrano pozzanghere, il mare che si presenta nella sua immensa vastità. Di notte si osservare le stelle, tante. Volare “nel blu dipinto di blu” come cantava Modugno è sempre stato il desiderio di ogni uomo che, per dimostrare di essere più forte dei limiti che la natura gli ha imposto, ha costruito prima il deltaplano, poi la mongolfiera, l’aereo, fino ad arrivare alle navicelle spaziali… Si conquista il cielo per vedere tutto da un’altra dimensione. Ma Dio dov’è? Neanche gli astronauti che hanno volato più in alto di tutti sono riusciti a vedere Dio, nelle galassie dell’universo non c’è traccia di un luogo dove Egli possa avere dimora.
Nella preghiera del “Padre Nostro” si afferma che Dio è nei cieli. Ne parlavo qualche giorno fa con i miei alunni: “Maestro, quanti cieli ci sono?”, mi hanno chiesto, “se vado in aereo perché non vedo Dio?”. Il Padre di cui Gesù parla nella preghiera è un Padre Celeste, non un padre terreno. Nel vangelo di Matteo, l’evangelista rimarca spesso l’espressione di un Dio che è nei cieli. Suggestive anche le parole del Salmo: “I cieli sono i cieli del Signore, la terra l’ha data agli uomini” (Sal 115,16). Chiaramente il cielo richiama a Dio, la sua potenza è sovrana, la terra è invece lo spazio dell’uomo. Dio è sceso dal cielo per incarnarsi in un Bambino, e sempre dal cielo vediamo scendere lo Spirito sotto forma di colomba, nel battesimo al Giordano, e al cielo Gesù ascende con tutto il corpo dopo la sua risurrezione.
Il fatto che Dio sia nei cieli indica anche il peregrinare dell’uomo nella sua perenne tensione tra cielo e terra; l’uomo vive nella dimensione terrena e, come un albero, tende e dirige il suo sguardo verso il cielo. “Quante volte ho guardato al cielo? Ma il mio destino è cieco e non lo sa. E non c’è pietà per chi non prega e si convincerà che non è solo una macchia scura il cielo”: nei versi di questa meravigliosa canzone di Renato Zero si guarda al cielo. L’uomo non può conquistarlo se è schiavo della vanità, soltanto l’amore – il sentimento supremo – può avvicinarsi alla grande immensità celeste.
“Che razza di Dio c’è nel cielo?” è la domanda invece di Roberto Vecchioni in una sua canzone quando davanti al dolore straziante, come la morte di un figlio, si interroga – a ragione – su chi ci sia veramente lassù. L’uomo perso davanti alle sue domande a cui non sempre trova risposta, guarda lassù a Dio.
Tra il cielo e la terra ci domandiamo cosa troveremo in Paradiso. La Nasa lancia la proposta di portare delle canzoni sulla Luna, perché alcuni brani possano fisicamente lasciare la Terra e raggiungere l’universo. “Chissà se in cielo passano gli Who?”, è la domanda di Ligabue in una altra straordinaria canzone. Se dobbiamo andare lassù, una volta terminato il nostro viaggio sulla Terra, che ci sia buona musica, altrimenti che Paradiso sarebbe?
Guardiamo al cielo, contempliamo le stelle e volgiamo lo sguardo a Dio. L’immensità del cielo, con il suo mistero e lo spazio infinito ci avvicineranno a Lui.
Bliru dice
si ma non mi hai spiegato perché non vedo Dio quando sono in aereo
Gege dice
DIO ha creato la terra e il cielo, siamo dentro in una grande cupola dove non possiamo uscire dalla nostra immensa terra piana.