Domanda di uno studente: come ha fatto Abramo a credere in un Dio che non conosceva?
Abramo, padre di tutti i credenti, è il grande patriarca del monoteismo. Nella Mesopotamia politeista di quasi quattromila anni fa Abramo è il primo a credere in un unico Dio, peraltro a lui sconosciuto. È andato contro le consuetudini del suo tempo, contro la storia dell’uomo che aveva sempre adorato molti dèi. Ha battuto tutti i pronostici, alla Snai lo avrebbero quotato bene!
Ma come ci è riuscito? Abramo era un uomo fuori dalle mode, un sovversivo. Ha preparato i bagagli, ha preso pecore, capre, la sua anziana moglie, il nipote Lot, “il suo entourage” come diremmo oggi, e se n’è andato da Ur inseguendo un sogno, confidando nel progetto di quel Dio sconosciuto che gli aveva promesso una discendenza numerosa “come le stelle del cielo” e “la sabbia del mare”. Non male come contropartita per un uomo al crepuscolo dei suoi anni che morirà “sazio di giorni”.
Noi come Abramo
Mi domando anch’io come ho fatto a credere. Non solo in Dio. Come ho fatto a credere ad un giovane amore nell’età dell’adolescenza? O al sogno di scrivere un libro? E che un giorno la Lazio avrebbe vinto lo scudetto? Non c’è che un modo: la fede. Per me è stato così: la fede in un amore, in un progetto, persino in un sogno sportivo.
Poi c’è la fede in Dio. E per quella, il percorso è differente. In questo caso, per me, sono stati importanti i testimoni, chi me ne ha parlato con le parole ispirate dallo Spirito, facendomi innamorare di Dio.
Ne ho incontrati diversi, alcuni solo abili oratori, altri invece abbracciavano la fede con meno scalpore ma con la concretezza che solo la vita sa offrire. Abramo si è fidato e ha continuato a farlo anche quando tutto sembrava perso; provo a non dimenticarlo, cerco di non perdere di vista la Luce che mi guida, anche quando in alcuni momenti mi sembra di perdere molto, quando entro nelle ferite della vita, lasciando sempre aperta una strada al Signore.
Tommaso e la prova
Il mio apostolo preferito è Tommaso. Un proverbio dice: “Sei come Tommaso, se non vede non crede”. Potrebbe sembrare uno zuccone Tommaso, un incredulo. Gesù lo rimprovera bonariamente, ma Tommaso ha fatto ciò che facciamo di continuo: voleva una prova. La cosa ancor più grandiosa è che non ha nascosto la sua debolezza. Avrebbe voluto mettere la mano lì nella ferita che non era solo quella di Gesù ma anche la sua, quella di un cuore che voleva essere rassicurato. Era un uomo molto terreno, non aveva la spocchia di quelle persone che frequentano i circoli dei rosari e delle novene, che si sentono al di sopra degli altri. Tommaso è partito dal basso, come Pietro che ha rinnegato Gesù, e Paolo di Tarso che voleva arrestare i seguaci di Cristo. Tutti uomini che non hanno voluto nascondere le loro debolezze, e hanno saputo scendere dal piedistallo delle loro certezze per abbracciare la fede.
Una discendenza
Abramo se ne andava a spasso per la Mesopotamia, con una promessa nel cuore; ogni tanto si rivolgeva a Dio, poi ripartiva, costruiva altari che si fondavano non su pietre ma su una Parola viva. Ecco come ha fatto, lasciandosi guidare. E anche quando aveva un dubbio ha chiesto e ha saputo aspettare, si è fidato fino all’ultimo istante, fintanto davanti al sacrificio del figlio.
E così Abramo ha avuto ciò che Dio gli aveva promesso, una discendenza numerosa come le stelle. Agli uomini di fede è concesso di vedere le stelle, non di riuscire a contarle però perché Dio dona in abbondanza, superando anche la nostra immaginazione. Sappiamo calcolare le distanze tra i pianeti e la velocità della luce, così come possiamo misurare il Sole ma non riusciamo a contare le stelle, perché ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio. Emozionante e rassicurante è pensare che la bontà di Dio è immensa come un cielo stellato e che le grazie possono essere infinite. Come le stelle.
Andrea Gironda
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