Nel 2002 mi venne una mezza idea di andare alla Giornata Mondiale della Gioventù. Ma quell’anno si teneva a Toronto, e lasciai perdere («Taranto? Vai pure», mi dissero in famiglia). Tre anni dopo, però, non volli mancare alla Gmg di Colonia. «Venimus adorare eum»: già dal titolo – e dall’inno – ci sentivamo dei piccoli Magi. Il loro cammino verso Betlemme e il nostro in Germania c’entravano qualcosa, anche se noi del 2005 eravamo sprovvisti di cammelli.
A distanza di 14 anni, ricordo:
- Di aver dormito in treno, sdraiato in corridoio, a causa di una cuccetta rotta. Con almeno quindici persone che, non vedendomi nel buio, mi calpestarono la pancia.
- Di aver dispensato ai miei amici informazioni sulle numerosissime bandiere presenti a Colonia: «Quella è facile, è dell’Argentina», «Loro sono colombiani», «Africani? Ma no, questi si sono portati dietro la bandiera della Sampdoria …».
- La festa degli italiani allo stadio di Colonia, con Povia ospite a sorpresa. E il sorriso di don Benzi immortalato sul maxischermo: eravamo troppo giovani, o forse troppo ignoranti, per capire a fondo di avere di fronte un gigante.
- Il russare del mio compagno di tenda, che poteva essere scambiato per quello di un trattore.
- Il cibo targato Gmg Colonia. La sua puzza ci ha accompagnato durante tutto il tempo, noi però non avevamo scelta. Ed è stato un argomento di discussione durante l’intera settimana.
Col pensiero verso Karol…
Ricordo anche che avevamo sognato di passare la Gmg con Giovanni Paolo II, il Papa presente sin dalla nostra nascita, e anche da prima. Per la nostra generazione, la parola Papa era sinonimo di Wojtyla, non era concepibile vedere un altro uomo vestito di bianco. Invece “ci toccò” Benedetto XVI. Non fu però una Giornata (anzi, una settimana) in tono minore, tutt’altro. Nel ricordo del Papa Polacco, pregammo nella grande spianata di Marienfield. Eravamo un milione, anche di più. All’orizzonte, da qualsiasi lato ci si voltasse, c’erano tende e candele. La mia, la conservo ancora: è invecchiata anche lei, ma c’è. Come lo zaino e il cappello da cowboy col logo della Gmg.
…e Carlo
Noi bolognesi, poi, ricevemmo la visita dell’arcivescovo Carlo Caffarra, che si mise a mangiare (quella stessa sbobba della quale non ho parlato benissimo in precedenza) seduto sui gradini della chiesa di Sant’Anna. «I Magi si presentano a noi come persone che si sono messe in cammino alla ricerca di qualcuno, come dei ricercatori – ci ha detto nella catechesi (qui il testo integrale) – Pellegrini o vagabondi? Qual è la differenza tra i due? Il pellegrino sa dove deve andare. Il vagabondo invece, si mette in movimento, cammina, ma non sa dove andare, non ha una meta. Il pellegrino si muove perché ha nel cuore un desiderio, quello di raggiungere una meta». Dai Magi a noi ragazzi: «Nella vostra vita, sapete dove dovete andare? Avete nel cuore il desiderio di giungere a una certa meta?». È una domanda che non smette di provocarci. Anche se i giovani di Colonia hanno tra i 30 e i 40 anni, e un po’ di vagabondaggio l’hanno fatto in questo tempo, lo zaino è ancora pronto per un cammino da pellegrini. Seguendo i Magi che seguono la stella, arriveremo anche noi a Betlemme.
Lorenzo Galliani
Il vangelo di domenica 6 gennaio (Mt 2, 1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo
che sarà il pastore del mio popolo, Israele».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
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