Le grandi opere d’arte in 3 minuti
Stiamo vivendo un momento difficile: come i discepoli a Pasqua, anche noi abbiamo bisogno di sperare, di sognare e di risorgere. Ecco perché oggi parliamo di quest’opera di Eugène Burnard.
1.
E’ l’opera più conosciuta di Eugène Burnard, un pittore svizzero che, dopo gli studi di architettura, si dedicò alla pittura arrivando a produrre un proprio linguaggio permeato del realismo di Millet e di Courbet, dell’atmosfera impressionista e dalla monumentalità michelangiolesca meditata nel soggiorno fiorentino del 1860. Tutti questi tratti che compongono lo stile dell’artista, li ritroviamo in quest’opera che ci presenta Pietro e Giovanni insolitamente raffigurati non nel sepolcro, ma mentre accorrono verso il sepolcro come riportato nel passo:“Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro”(Gv. 20,4).
Tutto il brano è pervaso da un ritmo concitato, che parla di corsa e trasmette tensione. Corre Maria di Magdala, la mattina di Pasqua, dopo aver scoperto la tomba vuota e, preoccupata, chiama Pietro e Giovanni i quali corrono, ma Giovanni corre più veloce.
Sono raffigurati in primo piano sotto un cielo movimentato, quasi come il loro animo. Le nuvole sono descritte a piccoli tratti in fuga nel cielo con una tavolozza che passa dal viola, al grigio, al giallo. E la luce gentile e chiara dell’alba rivela che qualcosa di nuovo e sconvolgente è avvenuto. Se lo attendono i due discepoli con atteggiamenti diversi che rispondono ai loro diversi caratteri.
Giovanni, il più giovane, “il discepolo che Gesù amava” ed al quale affida la propria Madre, presenta un volto imberbe, pulito, con un’espressione incredula ma attenta ad osservare e cercare di capire. E di credere.
E’ defilato rispetto a Pietro sul cui volto viene sapientemente descritta dall’artista tutta la sua storia. In ogni singola ruga, data anche l’età più avanzata, albergano sentimenti molto forti e contrastanti tra loro quali lo stupore, l’amore appassionato verso Gesù e l’irruenza del suo carattere che lo aveva portato addirittura a colpire la guardia di Caifa al momento del Suo arresto. Fragilità e codardia che lo avevano portato a rinnegarLo lasciandogli angoscia e inquietudine. E probabilmente quello a cui va incontro e che sente è qualcosa di immenso e che, forse, pensa di non meritare.
2.
L’indole mistica che traspare dalla bianca veste di Giovanni, rimarcata dalle mani giunte e dalle labbra schiuse come di un celebrante che si accinge a pregare, contrasta con l’indole di Pietro che viene rivestito con le tuniche di colore rosso e blu, iconograficamente riconducibili a quelle di Gesù nel rimando della dualità della Sua natura e nella diffusa immagine del Sacro Cuore. E se gli occhi di Giovanni che fissano un punto preciso, sembrano aver già scoperto quello che doveva essere mostrato loro, gli occhi di Pietro, grandi e sgranati non fissano ciò che osserva Giovanni ma divergono e cercano. Ma i discepoli, come in una sinfonia si accordano dirigendosi con un movimento anti orario verso la stessa fonte di luce, di vera Luce che li attende. E lasciano alle spalle delle travi appena accennate dall’artista che sbucano sulla destra dell’opera e che alludono ad un altro fatto sconvolgente da poco avvenuto sul Calvario.
3.
Ma tutto il senso della Resurrezione sembra affidato anche alle loro mani. Giunte come appena accennato, quelle di Giovanni, grandi e movimentate quelle di Pietro il quale con la mano destra si tiene la tunica in corrispondenza del suo cuore, e con la mano sinistra indica. Cosa? I suoi passi? Sì. La terra? Sì.
È proprio dalla pietra, dal suo nuovo nome, che Gesù istituisce la Chiesa. E ne vediamo l’inizio, siamo coinvolti nella Resurrezione anche se non la vediamo. Anzi la osserviamo attraverso gli occhi di Giovanni e di Simon Pietro. Attraverso le loro debolezze, incertezze, peccati.
Ma è il tempo di risorgere. Di correre.
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