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ESSERE UN MAESTRO VUOL DIRE METTERSI AL SERVIZIO

immagine quaderno

Il primo giorno di scuola è come il primo grande amore, non si dimentica mai. Come da copione anche io, ovviamente, piangevo. Perché spesso si piange il primo giorno di scuola? La mia era paura dell’abbandono che ho superato solo dopo ampie rassicurazioni da parte di mia madre. Iniziava così, tra i banchi della scuola “Ferrini” di Roma la mia carriera scolastica, con un grembiule blu e un fiocco bianco indosso.

Ricordo anche il mio primo giorno di scuola da insegnante. Mi trovai davanti a dei bambini di una scuola dell’infanzia alla periferia di Roma: non si sa chi fosse più disorientato, se io che all’epoca ero un giovanissimo maestro o dei bimbi che all’improvviso hanno visto entrare uno strano insegnante dall’aria incerta. Non piansi quel giorno ma provai un grande senso di smarrimento. Cosa ci faceva uno studente di teologia in una mensa a versare latte nei bicchieri di bimbi così piccoli? Immediatamente capii che fare il maestro voleva dire mettersi al servizio.

L’anno scolastico sta per iniziare. Finalmente le classi si popoleranno di studenti, dai più piccoli ai più grandi; finite le vacanze è ora di ripartire tra speranze e buoni propositi per il futuro.

Un messaggio vorrei lanciarlo agli studenti. Credete in voi stessi, nei vostri insegnanti, cercate le risposte alle vostre domande, abbiate il coraggio di porle ai vostri educatori; cercate tra le pagine dei libri non solo le nozioni utili alle interrogazioni ma ciò che darà un valore alla vostra crescita. Non ricorderete tutto ciò che studierete e in più di un’occasione vi verrà la tentazione di chiedervi: “A cosa mi serve?”. Impossibile non darvi ragione, effettivamente non tutto ciò che si studia è realmente spendibile nella vita pratica ma ogni cosa contribuirà direttamente o indirettamente alla vostra crescita.

Le vostre mani alzate tendano verso il cielo, verso l’infinito, verso alte vette: insomma puntate alto, la scuola sarà così un’occasione unica per spiccare il volo. Abbiate pazienza e perseverate anche quando incapperete in qualche brutto voto: non esistono i fallimenti ma i risultati e da questi ultimi bisogna sempre ripartire. Il vostro è un lavoro durissimo, spesso sottovalutato dagli adulti: ho rispetto per tutti voi che trascorrete molte ore a scuola e poi, una volta arrivati a casa, vi ritrovate di nuovo sui libri con tanti compiti. Inevitabilmente sacrificherete momenti all’aria aperta, tutto questo nell’età in cui un giovane ha voglia di evadere, di muoversi, di fare sport. Coordinare tutto non è affatto semplice, siate bravi, organizzatevi, perché la virtù di uno studente è saper programmare lo studio in modo equilibrato. Valorizzate sempre la scuola: non tutti possono accedervi e, in alcuni casi, lo studio è più una conquista che un diritto.

Un messaggio però vorrei darlo anche ai miei colleghi insegnanti. Amate i vostri studenti, non parlate mai male di loro, piuttosto incoraggiateli, consolateli e sappiate sempre tirare fuori il meglio da ognuno. È terribile lo stereotipo del primo della classe e del Pierino di turno, irrecuperabile perché discolo e con la zucca vuota. Ognuno dei nostri studenti, dai più piccini ai più grandi, porta con sé una meraviglia a volte evidente, altre volte nascosta; siate ricercatori di quei tesori custoditi nei nostri giovani. Fate loro un sorriso, usate sempre l’ironia, la gioia, la gentilezza. Divertitevi, perché si impara e si insegna meglio divertendosi! Dite loro che la rosa non è solo un fiore, ma un essere che con la sua bellezza può rallegrare il mondo e diventare un dono d’amore; insegnate cosa sono le stelle ma dite anche che un cielo stellato ha ispirato poeti e canzoni. Date la possibilità a tutti di apprezzare la meraviglia dell’arte, la musica, la poesia, la grammatica e le parole, la geografia e la storia che segnano il nostro passato nel tempo e nello spazio, la scienza e la matematica. Tutto ciò che insegnate fatelo con passione, arriverà senz’altro.

Nella mia carriera scolastica ho conosciuto migliaia di studenti, li porto tutti nel cuore e a loro, come agli altri, auguro il meglio. Mi domandano spesso come faccia a ricordare tanti nomi e tanti volti. Facile: si ricorda solo ciò che si ama. Che sia proprio questo il vostro e il nostro anno scolastico: un incontro d’amore, uno scambio umano che possa arricchire sia chi riceve, sia chi dona. Buon lavoro a tutti.

Leggi gli altri articoli in “Scuola”

Info Andrea Gironda

Andrea Gironda, nato a Roma nel 1974, è insegnante di religione nella diocesi di Roma. È autore del libro “Anche i pidocchi vanno in Paradiso” e con Àncora ha appena pubblicato "Chiedetelo ai vostri bambini".
Cura il sito www.andreagironda.it

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