La lussuria
«Ricerca smodata del piacere sessuale». Oppure «desiderio ardente di ciò che è sessualmente proibito». Il più umano tra i peccati, la lussuria, può essere definita in molti modi, ma qualsiasi definizione non può esimersi dal sottolineare quella sfrenatezza, insita nel termine stesso, con la quale si manifesta tale vizio capitale.
Sant’Agostino nelle Confessioni paragona la lussuria a una «regina crudele che stende il suo scettro dominatore» per soggiogare la mente e il cuore dei viziosi, ponendo subito l’attenzione su due aspetti fondamentali della lussuria: il possesso e la duplicità del piacere sessuale fine a se stesso. Il lussurioso, infatti, vede come «preda» l’oggetto della sua passione e pensa di possederla per puro collezionismo, diventando così «preda» egli stesso della sua bruciante pulsione.
Ma la lussuria ha una lunga storia. Fin dai primi racconti biblici e già dal tempo del diluvio essa è un fenomeno tipico della degradazione umana. La lussuria nell’arte, però, non è sempre stata raffigurata come vizio capitale. Nella mitologia greca compaiono molte divinità cariche di erotismo, che diventano delle icone nell’arte, due su tutte: Zeus e Dioniso. Nell’arte romana, in particolare negli affreschi delle ville pompeiane, troviamo Marte e Venere, inseparabili amanti.
Una storia biblica di adulterio per Artemisia Gentileschi
L’opera di Artemisia Gentileschi su cui ci soffermiamo presenta il momento del bagno di Betsabea, episodio narrato nel Secondo libro di Samuele (10, 12).
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