«Tranquilli, ho un piano». La frase, se attribuita a Mozart (come in questa immagine che circola su internet), è ironica, perché gioca sul doppio significato della parola «piano»: strategia, oppure strumento musicale.
L’ironia gioca sempre su un malinteso, su una parola che può voler dire una cosa ma anche altro. Come in quel brillante racconto di Achille Campanile nel quale un uomo al ristorante, rispondendo a un cameriere che gli chiedeva se avesse gradito dell’acqua, afferma: “Naturale!”. Naturale che volesse l’acqua, non che volesse l’acqua naturale (per lui è invece naturale preferirla frizzante).
Anche nel vangelo di domenica 15 marzo (Gv 4, 5-42) ci troviamo davanti a vari livelli di ironia. Gesù alla samaritana chiede da bere, ma poco dopo le fa capire di poter dare «acqua viva». La donna non capisce: «Signore, non hai un secchio è il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva»? Ma l’acqua della quale parla Gesù è un’altra acqua: come l’acqua dà vita, ma è oltre l’acqua: «Chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno». La donna samaritana continua a non capire bene, e infatti chiede a Gesù un po’ di quell’acqua, in modo da non dover tornare al pozzo. Ma non è la stessa acqua.
Poco dopo, il vangelo ci parla attraverso l’ironia quando i discepoli dicono a Gesù di mangiare, e lui risponde: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». Loro non capiscono, e infatti si chiedono: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Ma il cibo di cui parla Gesù è un altro cibo.
L’ironia del vangelo non è ridanciana (in questo secondo episodio, peraltro, Gesù sta in qualche modo preannunciando la sua passione). Ma è un altro livello. Il vangelo ci suggerisce di guardare oltre il significato letterale. Con cautela e prudenza, certo, ma di non aver paura ad andare oltre. Anche nelle relazioni, occorre superare la superficie, e conoscere e lasciarsi conoscere nel profondo.
Questo nuovo sguardo, credo, rientra nel piano che ha Dio. Dove «piano» sta per progetto, e non per pianoforte.
Liturgia di domenica 15 marzo
Gv 4, 5-42
Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
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