Sono andato ad abitare in un paese a quindici chilometri dal precedente. Questa cosa, giustamente, non interessa nessuno, se non mia nonna. Perché prima vivevo a due numeri civici da lei, adesso a venti minuti d’auto. Che, per i suoi parametri, sono una enormità. Così, quando la incontro, mi rivolge almeno due di queste frasi.
- “Poverino, chissà che lungo viaggio avrai fatto” (venti minuti, nonna, l’ho detto)
- “Fa freddo, su in montagna?” (ma non sono in montagna)
- “Copriti!” (ho detto che non fa freddo)
- “Per andare a lavorare in città ti sveglierai prestissimo, alle quattro di mattina” (no, guarda, non vado neanche a dormire…)
- “È un brutto paese, vero?” (perché dovrebbe essere brutto?)
E se mi fossi trasferito a Milano, o – perché no – in Spagna, cosa avrebbe detto? Non vi dico la sua reazione quando, qualche tempo fa, per mio fratello si prospettò un lavoro a Singapore.
Mi è venuta in mente mia nonna, al leggere la parabola di Lazzaro e del ricco Epulone perché, semplicemente, mia nonna è l’opposto del ricco Epulone (da epulo, onis, derivato di epulum, banchetto… Il ricco “banchettone”, o il ricco mangione, se preferite).
Per lei, infatti, anche se sono lontano – almeno secondo i suoi parametri – sono vicino. Si interessa di me, seppure a volte in modo inconsapevolmente comico (“C’è qualcuno in paese? Se ti perdi, sai trovare la strada?”). Il ricco Epulone, invece, ha il povero Lazzaro vicino. Vicinissimo: dall’altro lato della porta. Eppure i due sono lontanissimi: la porta non si apre mai, gli sguardi non si incrociano.
I social, e non solo quelli, permettono di ridurre le distanze. Possiamo sbuffare davanti alle file al gate, ma si viaggia a velocità impensabili rispetto a qualche decennio fa. Non basta. Perché, anche se uno ci è vicino, possiamo sentirlo lontano da noi. E, come il ricco Epulone, non lasciargli neanche una briciola di quello che abbiamo, che si tratti di beni materiali, tempo o affetto. Sarebbe bello riuscire a sentire vicini a noi i destini di chi abita lontano. Chissà se lì fa freddo, devono coprirsi di notte o si devono svegliare presto per andare a lavorare la mattina.
Il vangelo di domenica 29 settembre 2019
Lc 16, 39-51
C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.
Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”»
Calator prin Romania dice
In questo momento sto andando via a fare la mia colazione, una volta avendo la mia colazione proveniente più volte a leggere di più.
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