Amare Dio, amare il prossimo. Lo scriba del vangelo di domenica 4 novembre (Mc 12, 28-34) chiede a Gesù quale sia «il primo di tutti i comandamenti», e si ritrovano subito a parlare di amore. Ilario Nasso, classe 1986, è giudice del lavoro a Vibo Valentia.
Partiamo proprio da qui: cosa c’entra l’amore con la legge?
La legge è per l’uomo, non il suo contrario. La sua principale funzione è garantire che la convivenza si svolga armoniosamente, e nella pace: di per sé, può essere inserita in una prospettiva trascendentale.
Però l’amore non ha confini, mentre la legge te li mette, eccome…
Quello che possiamo fare incontra un limite nell’esistenza di altre persone, con proprie aspirazioni e peculiarità. Se abbandoniamo la dimensione della relazione, ovviamente concludiamo che la legge sia fatta per imbrigliarci. Ma quando si guarda al di là del proprio naso, vediamo che la legge è una tutela anche per noi stessi. Però ovviamente quello che non vuoi venga fatto a te, tu non puoi farlo ad altri. È un limite o una prospettiva di solidarietà?
Ma se invece la legge è ingiusta?
I nostri ordinamenti giuridici sono multilivello: si va da quelli del proprio Comune fino al Parlamento Europeo. Mi imbatto anch’io in norme che trovo irragionevoli. Si può – si deve – reagire attraverso gli stessi strumenti che ci sono stati dati, senza oltrepassare però quei limiti che, come comunità, ci siamo dati. Non esiste la giustizia fai-da-te.
Scomodiamo un parolone: per diventare giudici occorre una «vocazione»?
Sì. Quello di magistrato è un mestiere molto complicato, esercita un potere dello stato. Mi sbilancio in un parallelismo con quanto il santo curato d’Ars diceva sul sacerdote. Persino il più insignificante – diceva – ha un potere enorme, che è quello di comandare a Dio di incarnarsi in un pezzo di pane già sapendo che Dio gli obbedirà. Anche il magistrato esercita un potere – quello giurisdizionale – che non è suo. Lo Stato si affida al giudice per la risoluzione di controversie, anche di alcune che vedono lo stesso Stato in causa. Il magistrato ha tra le sue mani la possibilità di realizzare modificazioni profonde nel tessuto sociale nel quale opera, e questo non lo rende sovrapponibile a un altro mestiere.
E la sua vocazione quando è nata? C’è una personalità che lei ha ammirato al punto da volerne seguire le orme?
Ci vuole anzitutto una propensione allo studio e al confronto. Per vicende in famiglia ho sperimentato l’efficacia della tutela giurisdizionale. Mi sono poi confrontato con persone che non dormono la notte quando hanno in testa vicende scottanti, quando nel caso che stanno studiando intravedono domande di vissuto, di giustizia, di vicende umane particolarmente delicate…
E ritorniamo al legame tra amore e legge, che evidentemente così fredda non è…
Qualche mese fa abbiamo commemorato la figura di Rosario Livatino, in un incontro organizzato dall’Azione Cattolica di Taurianova (Reggio Calabria) e dalla Scuola superiore della magistratura. Rosario è un Servo di Dio con una storia particolare: uomo schivo, non ha mai rilasciato interviste, e di lui mi ha sempre affascinato questa resistenza alla tentazione di cedere a certi meccanismi di visibilità fini a se stessi. Venne assassinato nel 1990 dalla mafia agrigentina per l’impegno senza quartiere che ha riversato nel combatterla, che non venne meno neppure quando iniziò a intravedere la concreta possibilità di perdere la vita per questo. Sulle pagine del suo diario riportava un acronimo: “Std”. Gli inquirenti non riuscirono a capirne il significato fin quando non chiamarono la prof di lettere di Livatino. Fu lei a sciogliere quel mistero: “Std” stava per “Sub tutela dei”. Ogni sua azione quotidiana era improntata alla piena consapevolezza di godere della protezione di Dio.
Lorenzo Galliani
Il vangelo di domenica 4 novembre
Il primo dei comandamenti (Mc 12, 28-34)
Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
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