Grandi artisti hanno alternato il lavoro creativo con lo studio della matematica. Le connessioni con i numeri attraversano tutta la storia dell’arte.
All’inizio del Rinascimento Piero della Francesca trasferì nella prospettiva pittorica le teorie di Euclide e di Archimede. Il famoso Cristo risorto di Sansepolcro non si può separare dal Tractato de Abaco che egli dedicò all’aritmetica e all’algebra. Così come la sua Flagellazione, sintesi tra naturalezza e rigore matematico.
Le connessioni con i numeri attraversano tutta la storia dell’arte. Basta osservare la Leda atomica di Salvator Dalì, dove le proporzioni sono ottenute con le linee di una stella a cinque punte secondo rigide basi matematiche. La figura di donna è all’interno di un pentagono regolare e le cinque punte simbolizzano i semi della perfezione: amore, ordine, luce (verità), forza di volontà e parola (azione). Pensiamo ai futuristi e ai Numeri innamorati di Balla. Umberto Boccioni pone al centro di una sua famosa tela il numero 6943, che designa il motore di una locomotiva, simbolo del dinamismo e del rapido avanzare delle macchine. Allo stesso modo i numeri sono simbolo icastico nella Pop Art con Charles Demuth, Robert Indiana o Jasper Johns.
Perfino nel surrealismo può nascondersi la sostanza della matematica. Basta leggere Punto, linea, superficie di Wassily Kandinsky. «Ogni forza trova espressione nel numero», diceva il pittore russo. Roman Opałka, artista concettuale franco-polacco, si è concentrato sulla rappresentazione grafica del trascorrere del tempo. Ha iniziato dal numero 1, nel 1965, e ha trascorso tutti i giorni della propria vita a disegnare i numeri seguenti, fino al 5 agosto 2011, vigilia della sua morte, quando dipinse il numero 5.607.249.
I numeri, lo abbiamo detto, entrano in qualunque aspetto della realtà, anche in quella cromatica, che nutre l’arte visiva. Il teorema dei quattro colori afferma che, data una superficie piana divisa in regioni connesse, come ad esempio una carta geografica politica, sono sufficienti quattro colori per distinguere ogni regione, in modo che nessuna regione adiacente abbia la stessa tinta. Il rigore e la precisione della matematica, invece che impedimenti alla fantasia, sono strumenti per pervenire alla libertà artistica.
Dovunque ci sono numeri c’è bellezza e siamo nelle immediate vicinanze dell’arte», ha scritto il matematico svizzero Andreas Speiser, che negli anni Venti del secolo scorso ha elaborato con Hermann Weyl la Teoria dei gruppi o Teoria della Simmetria, che viene applicata nel campo del design. In effetti, per Speiser «tutte le melodie e le armonie sono imbevute di numeri e di geometrie, le proporzioni fanno vivere i quadrati e la poesia lirica». Egli ha osservato che l’universo immaginato da Dante nella Divina Commedia è un’ipersfera. Risalito dall’inferno alla superficie della Terra e raggiunta la sommità del monte del purgatorio, Dante ascende al paradiso attraverso le sfere concentriche dei cieli dei pianeti, raggiunge il cielo delle stelle fisse e poi il nono cielo, quello del Primo Mobile. Da qui il poeta contempla con Beatrice sia la metà dell’universo che ha appena attraversato, sia l’altra metà, una serie di sfere concentriche dove vivono gli angeli, gli arcangeli e, procedendo verso l’interno, le schiere di angeli di rango più elevato.
Non è certo il mio caso, ma chi ha occhi e mente allenati può “leggere” gli elementi della matematica come si fa con un’opera letteraria. E, d’altra parte, si può gustare una poesia alla maniera di un’opera matematica. Quante formule e cifre si nascondono in letteratura! Nel Faust di Goethe c’è la filastrocca dell’Antro della Strega: «Di 1 fa’ il 10. Lascia stare il 2 e il 3, e sarai ricco. Butta il 4 alla fine. Di 5 e 6 fa’ 7 e 8, e viceversa. 9 andrà con l’1, e 10 con nessuno». Si tratta di una formula per passare dal quadrato naturale dei numeri da 1 a 9 a un quadrato magico, in cui la somma dei numeri sulle righe, sulle colonne o su una diagonale sia sempre la stessa, cioè 15. In La vita: istruzioni per l’uso, George Perec narra la vita degli abitanti di un caseggiato immaginario di Parigi formato da 10 piani, con 10 stanze per piano, a formare un biquadrato di 100 elementi. Il racconto procede seguendo lo schema a L del movimento del cavallo nel gioco degli scacchi e tocca così tutte le stanze, tranne una: i capitoli del libro sono infatti novantanove, non cento.
Testo da LE TABELLINE DI DIO, di Enzo Romeo (Àncora, 2020)
ENZO ROMEO è caporedattore-vaticanista del Tg2. Confessa di essere negato per la matematica, ma proprio per questo è attratto dai numeri, come lo è dal Vangelo, che considera il testo in assoluto più delicato, e insieme più potente, mai scritto finora. Autore di numerosi saggi, con Àncora ha pubblicato, tra gli altri, Come funziona il Vaticano. Tutto quello che vorreste sapere (2008) e due volumi su Antoine de Saint-Exupéry: L’invisibile bellezza (2012) e Il Piccolo Principe commentato con la Bibbia (2015). Ha anche sondato le figure di Anna Frank e Etty Hillesum in Diari a confronto (2017).
Il libro
LE TABELLINE DI DIO
Piccole nozioni di matematica evangelica
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