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POSSIAMO CERCARE DIO CON LA TECNOLOGIA?

“Maestro tu ci leggi storie della Bibbia di popoli antichi. Loro avevano un modo di vivere, ma noi? Noi abbiamo la tecnologia. Può aiutarci la tecnologia a cercare Dio? E Dio… è tecnologico?”.

È la simpatica osservazione di Martina, una mia alunna di nove anni affascinata dalla lettura del libro di Giona, il profeta biblico ribelle che decide di scappare davanti alla richiesta di Dio di recarsi a Ninive per convertire i cittadini malvagi. Nel cambiare direzione Giona si dirige a Tarsis, allontanandosi da Dio. Giona prende un’altra direzione perché non aveva il navigatore o la sua è una deliberata scelta di fuggire dalla volontà di Dio?

Sono una frana nell’orientarmi per le strade, soprattutto quando mi trovo in una città che non conosco. Tempo fa, quando i cartelli stradali non erano chiari, si consultava lo stradario o si chiedevano informazioni a qualche passante. Oggi non facciamo più tanto caso ai cartelli, spesso non memorizziamo i punti di riferimento perché ci affidiamo al navigatore.
L’uomo del terzo millennio necessita quotidianamente della tecnologia: dalla sveglia del mattino al microonde per scaldare la colazione, dalle automobili ai mezzi di comunicazione, passando inevitabilmente per la rete di internet che fa navigare i nostri cellulari e i computer. Staccare la spina risulta alquanto impossibile.

Cercare Dio

Può la tecnologia aiutarci a cercare Dio? La domanda di Martina è interessante. Di per sé la tecnologia non è un danno per l’uomo.
Grazie ad essa l’uomo è stato capace di compiere dei “miracoli” come nel caso della medicina: sofisticati macchinari permettono a molte persone di curarsi e di allungare la propria esistenza. Molti malati della Bibbia (ciechi, storpi, donne sterili, ecc.) avrebbero trovato la guarigione con l’evoluzione scientifica della medicina moderna.

La tecnologia inoltre ci alleggerisce dalle fatiche quotidiane, riduce i tempi di produzione delle industrie, ci regala molto tempo libero permettendoci così di curare altri interessi.
La tecnologia influenza e orienta le nostre esistenze verso un futuro che non sempre sappiamo guardare serenamente; se da un lato ne lodiamo i benefici, dall’altro ne vediamo anche le potenzialità distruttive per l’ambiente e la vita stessa. La tecnologia incoraggia e spaventa allo stesso tempo.

E Dio dove si trova? Potremmo parlare di un Dio tecnologico? Le religioni monoteiste non hanno ignorato l’evoluzione tecnologica, essa è diventata un alleato della vita spirituale di molti fedeli. Ci sono applicazioni che permettono di leggere le letture della Messa così come la Bibbia in formato digitale, altre che ricordano l’orario della preghiera per i musulmani o il calendario delle festività ebraiche. Oggi i fedeli di tutto il mondo pregano con lo smartphone, la stessa Chiesa Cattolica ha da tempo aperto le porte alla comunicazione digitale. Celebre fu la foto che ritraeva Papa Giovanni Paolo II inviare, dal suo computer, una mail contenente l’esortazione apostolica “Ecclesia in Oceania” (22/11/2001). Senza dimenticare Carlo Acutis: la sua storia di fede e di evangelizzazione ha avuto come mezzo principale proprio il computer.
Non credo in un Dio seduto al computer, di sicuro però i suoi fedeli lo hanno fatto entrare nel mondo del digitale.

Nonostante le tante innovazioni e i progressi velocissimi di questi ultimi decenni, l’uomo si porta dentro sempre le stesse inquietudini e domande ma con una variabile importante: abbiamo bisogno di condividere e allargare le nostre esperienze sia sensoriali che spirituali. Guardare un tramonto non basta più, bisogna condividerlo. Assistere alla scomparsa di un nostro caro così come alla nascita di un figlio non è più esperienza intima e privata, bensì un evento che diventa pubblico.

La tecnologia è complice di questo meccanismo e può diventare pericolosa per l’uomo quando lo distoglie dal vivere nella pienezza le proprie esperienze umane. A differenza degli altri esseri viventi come gli animali – anch’essi capaci di fare incontri e provare delle emozioni – l’uomo può raccontare ciò che vive. Tutto questo non può fermarsi ad una conversione in bit, dobbiamo necessariamente andare oltre se vogliamo ancora emozionarci ed essere umani.

Dio accetterà di buon grado una preghiera sia se recitata attraverso uno smartphone sia se recitata leggendo il breviario; sarà importante staccare lo sguardo dallo schermo, fermare le dita che scorrono veloci sulla tastiera e guardare oltre, gustando quel momento di intimità e di silenzio con il Cielo.

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About Andrea Gironda

Andrea Gironda, nato a Roma nel 1974, è insegnante di religione nella diocesi di Roma. È autore del libro “Anche i pidocchi vanno in Paradiso” e con Àncora ha appena pubblicato "Chiedetelo ai vostri bambini".
Cura il sito www.andreagironda.it

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