Frase fatta ma vera: una volta ci accontentavamo di essere 60 milioni di commissari tecnici, quando giocava la Nazionale. Oggi – per colpa non di Facebook, ma nostra – siamo diventati anche molto altro. Economisti quando viene approvata la finanziaria, politologi scafati dopo un intervento della Commissione Europea, virologi quando si parla di vaccini. «Si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio», cantava De André in “Bocca di Rosa”, e di buoni consigli, o valutazioni, o giudizi, ne abbiamo a quintali.
Il giudizio facile
Sulla tragedia di Corinaldo, con 6 persone (cinque ragazzini e una mamma) che hanno perso la vita, si è detto tanto. Tra le varie cose:
– I ragazzini non devono andare in discoteca
– La discoteca per vendere più biglietti ha fatto entrare il triplo delle persone consentite (notizia annunciata dallo stesso presidente del Consiglio Conte ma subito smentita)
– Le canzoni di Sfera Ebbasta contengono troppe parolacce (come se «L’Avvelenata» di Guccini, del 1976, non ne avesse)
– Le canzoni di Sfera Ebbasta fanno schifo. Sul punto si può anche discutere, fermo restando, come scrive il mio amico Paolo, che «bisognerebbe tener presente che noi adulti non abbiamo mai avuto a disposizione i codici per capire a fondo ciò che piace agli adolescenti. Non li avremo mai, come non li avevano i miei genitori vent’anni fa: è proprio un meccanismo di autodifesa culturale dei giovanissimi, da Elvis in poi (ma forse anche prima). Per questo improvvisare delle analisi sulla trap è una perdita di tempo: non possiamo leggerla con il nostro codice, è come mettere un 45 giri nel grammofono (metafora che possiamo capire solo noi: beccatevi questa, teenager!)».
Una domanda
Nell’epoca della tuttologia (o della «Laurea su Facebook», per dirla con un minispot del virologo Roberto Burioni su Sky), il Vangelo di domenica 16 dicembre ci riporta alla realtà. Perché Giovanni Battista ci invita a dividere quello che abbiamo con chi non ne ha, e perché, quando la gente inizia a chiedersi se sia lui il Messia tanto atteso, si fa da parte: «Viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali».
Ma, ancora prima, c’è una domanda: «Cosa dobbiamo fare?». Lo chiedono, in sequenza: «le folle», «i pubblicani», persino «alcuni soldati». Anche loro, per accogliere Gesù, devono fare un passo indietro. Non sono tuttologi, anzi per accogliere la Verità di Cristo riconoscono che quella verità a loro manca ancora, e la cercano. Benedetta domanda, benedetta ricerca.
Lorenzo Galliani
Il vangelo di domenica 16 dicembre
Cosa dobbiamo fare? (Lc 3, 10-18)
Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
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