Il rapporto tra musica e religione è molto stretto, anche se con non mancano inevitabili differenze. Un alunno mi ha chiesto se il canto e la musica sono presenti in tutte le religioni. La domanda è nata spontanea dopo aver ascoltato i canti durante la celebrazione eucaristica. Data la mia esperienza di chitarrista che suona in un coro, la domanda è stata da stimolo per una ricerca e una riflessione sul tema.
La musica affonda le sue origini nella notte dei tempi, ho sempre pensato che essa venga da Dio. Era così anche per gli antichi greci e i romani che raffiguravano Apollo con la lira in mano: era lui il dio delle molteplici arti, tra cui la musica. Una stretta relazione tra musica e spiritualità è presente anche nelle antiche religioni orientali: gli sciamani usavano il tamburo, strumento ritenuto dalle qualità magiche, capace di guarire. Veniva costruito con legni scelti appositamente e permetteva agli sciamani e ai loro seguaci di andare in trance mistica.
Nell’islam la musica è completamente assente, nelle moschee non ci sono strumenti. Il Corano viene però cantillato, perché tale pratica non è considerata musica. I sufi, appartenenti ad una corrente mistica dell’islam, sono gli unici che contemplano la musica nella loro spiritualità: i danzatori, chiamati dervisci, danzano roteando in modo circolare con un braccio rivolto verso il cielo e l’altro verso la terra; in questo modo stabiliscono un rapporto tra ciò che è terreno e ciò che è celeste.
L’arabo e l’ebraico sono lingue che si prestano alla cantillazione. Nelle sinagoghe e nelle preghiere ebraiche i versetti della Bibbia vengono cantillati mentre la presenza degli strumenti è prevista solo nei matrimoni. Nella Bibbia molti testi sono in forma poetica. Al tempo della sua redazione la poesia veniva sempre cantata, non recitata come facciamo oggi; in questo modo era più facile imparare testi sacri. I Salmi, che vengono ancora cantati anche nelle nostre chiese, sono stati composti dal re David ed erano in origine accompagnati da musiche.
La religione cristiana si pone in una prospettiva completamente diversa. La musica è un’arte e ogni essere umano può mettere a frutto il talento ricevuto nel modo in cui gli è più congeniale. Da sempre l’organo è lo strumento presente nelle chiese, e solo di recente è stato affiancato sia dalle chitarre che da altri strumenti come flauti, percussioni, violini; inizialmente la musica nelle liturgie era prevalentemente strumentale, gradualmente è stato inserito anche il canto vocale. La musica, all’interno della celebrazione, ha lo scopo di aiutare i fedeli nella preghiera.
Cantare, così come suonare, coinvolge l’anima e il corpo, basta pensare ai cori gospel delle chiese americane capaci di coinvolgere sia i cantori che l’assemblea. “Se il cuore non prega la lingua lavora invano”, ho trovato scritto nel del convento francescano di Greccio. Lo stesso San Francesco era sensibile al canto, tanto da comporre il “Cantico delle Creature” in musica.
Il canto non deve essere espressione di un talento individuale. Il rischio concreto che corrono molti cori è quello di mettere in risalto l’abilità di qualcuno a scapito dello spirito di servizio alla Chiesa e ai fedeli. La musica va considerata a tutti gli effetti un mezzo per mettere in comunione l’uomo e Dio; J.S. Bach siglava le sue partiture con l’acronimo SDG (Soli Deo Gloria) e questo ci fa capire la sua profonda religiosità nel modo di comporre.
Non va dimenticato il potere fortemente aggregante della musica, capace di far dialogare i popoli, abbattere le differenze sociali, culturali, di pensiero, di età e di religione. In tal senso la musica può contribuire, anche nella religione, ad unire i cuori e pregare con le stesse parole, sulle stesse note. L’attività corale fa sentire gli uomini «parte di un tutto sublime al quale appartengono anche gli altri, e in quei momenti mi chiedo sempre perché questa non possa essere la regola quotidiana, invece di un momento eccezionale del coro.[…] È così bello. In fondo, mi chiedo se il vero movimento del mondo non sia proprio il canto» (Muriel Barbery, L’eleganza del riccio).
In un’epoca in cui abbiamo sempre più bisogno dell’arte e della bellezza, sarà ancora una volta la musica a realizzare il miracolo di unire i popoli e di avvicinare l’uomo a Dio.
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