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QUEL PROF CHE CI FACEVA COPIARE

La scuola, tra mille difficoltà, è finalmente ripartita, dopo molti mesi dall’ultima lezione avvenuta nei primi giorni di marzo; sembra passata un’eternità, un tempo lungo mai vissuto prima dall’intero mondo della scuola. Affiorano in questi giorni alcuni ricordi scolastici; scrivo quasi sempre da docente, ma non dimentico mai di essere stato studente.

Ripensavo ad alcuni dei miei insegnanti. Ognuno di noi ricorda una maestra, una professoressa o un professore che ha lasciato un segno, per bravura, simpatia, per delle buffe espressioni oppure perché catturava la nostra attenzione lasciando così un ricordo indelebile. Insegnanti capaci di oltrepassare il limite del tempo e vivere nei cuori dei loro studenti; credo che questo sia il sogno di ogni docente, me compreso.
Tra i tanti insegnanti ne ricordo uno che ho incontrato nell’ultimo anno di studio della mia tanto “amata” ragioneria!
In questo percorso di studio, le materie che avevano una maggiore ricaduta formativa erano la ragioneria e la tecnica bancaria. Quest’ultima veniva insegnata da un simpaticissimo professore che di cognome faceva Perseo. Vi lascio immaginare le battute, una delle più in voga era quella che “seo per seo faceva sempre trentaseo!”.

Il prof. Perseo era un signore molisano avanti negli anni, vestiva in modo informale, spesso con una camicia che nel periodo invernale veniva accompagna da un golfino oppure da una giacca. Era basso di statura, aveva un’espressione bonaria, il naso sempre rosso e i capelli… ecco, la cosa curiosa era il colore dei suoi pochi capelli. A seconda della tintura questi cambiavano spesso colore: a volte castano chiaro, a volte di un tono più scuro, per sconfinare un giorno addirittura in un verde rame! Di questo colore li vedemmo nel momento in cui il professore decise di mettersi vicino alla finestra: il sole impietoso in controluce dava ai capelli questa bizzarra sfumatura. Questo aspetto lo rendeva tanto buffo quanto simpatico ai nostri occhi. Effettivamente il prof. aveva un carattere bonario e allegro. Un insegnante allegro lascia sempre un segno.

Era bravo a spiegare una materia per me ostile, ma soprattutto ricordo una fondamentale caratteristica: credeva e incoraggiava “il giovane” come lui spesso ci definiva. “Il giovane deve credere in se stesso”, “il giovane non deve scoraggiarsi”… spesso usava questa espressione al singolare e non al plurale, come se volesse rivolgersi ad ogni singolo ragazzo e non ad una pluralità di studenti.
Noi avevamo con lui un rapporto molto sereno, spesso scherzoso e schietto. Il professor Perseo però aveva un’abitudine davvero singolare.

Somministrava tre prove di verifica ogni quadrimestre: alla prima prova però lui consegnava il compito e se ne andava. Sì, ci lasciava soli per due ore, ogni tanto si affacciava per accertarsi che non c’erano feriti o disertori, per poi ritornare alla fine del compito. Questo gesto, apparentemente poco professionale, aveva una spiegazione: consentiva a noi tutti di poter aprire il libro e copiare, in questo modo “il giovane” prendeva un bel voto iniziale e non si sarebbe scoraggiato per il futuro dove le prove sarebbero state decisamente più difficili. Nonostante questo gesto di clemenza però qualcuno prendeva lo stesso un voto basso se non addirittura insufficiente.

Questo perché bisogna saper copiare e sapere dove cercare, aver almeno sfogliato il libro e svolto qualche esercizio nei giorni precedenti per non trovarsi completamente disorientati. La motivazione principale era infondere coraggio ai suoi studenti; obiettivamente eravamo una classe che non prometteva bene per la futura storia bancaria italiana!

Del prof. Perseo ho un dolce ricordo, una figura paterna per dei ragazzi della periferia romana in cui lavorava. Un uomo fondamentalmente buono che prima di ogni cosa cercava di infondere fiducia anche a coloro che non avevano il sacro fuoco delle tecniche di bilancio.
Con il suo modo di fare questo insegnante stava lasciando un segno anche nel futuro del maestro Andrea, insegnandomi che l’aspetto umano è prioritario rispetto alla materia insegnata. Con il tempo ho capito il valore di questo messaggio.

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“MAESTRO, PERCHÉ DIO HA CREATO LE MALATTIE?”

Perché Dio ha creato le malattie (quindi fa ammalare) e poi dobbiamo pregare per quella persona?

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NO, GLI ALUNNI NON SONO TUTTI UGUALI

Mi trovo a pranzo con tre studentesse del liceo. Tema del giorno: il rapporto tra professori e alunni. È voce comune che nelle loro classi ci siano delle disparità di trattamento da parte di alcuni insegnanti. Mi descrivono che esistono delle caste sociali, anzi scolastiche, piuttosto evidenti create dagli insegnanti: ci sono alunni simpatici, quelli antipatici, i preferiti delle prof, i cocchi, i “lecchini” (termine che mi ha riportato indietro nel tempo), i dimenticati, gli irrecuperabili e così via discorrendo.

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IL BATTESIMO: MEGLIO DA GRANDI O DA PICCOLI?

«Perché Gesù si è battezzato da grande, non poteva battezzarsi da piccolo? Nel mio palazzo succede questa cosa: tutti gli adulti si battezzano non da piccoli ma da grandi!!!! Beh, io non so se questo è bene o male però per me è meglio battezzarsi da piccoli come ha fatto ieri mio fratello Jacopo. Tu sei stato battezzato da grande o da piccolo?».
Mi arriva questa bella domanda da parte di una mia alunna Teresa di 8 anni che, nel periodo della quarantena, ha imparato a scrivere delle e-mail. Le sue domande arrivano dirette, accompagnate dalla spontaneità e dalla dolcezza tipica di quella età.
Il tema del battesimo è spesso oggetto della curiosità dei bambini; se vogliamo è il loro unico grande evento della vita spirituale fino all’età della prima comunione; un momento non lontano nel tempo seppur vissuto senza consapevolezza. Teresa è sorpresa perché è venuta a conoscenza di persone abitanti nel suo palazzo che non sono state battezzate da piccoli ma da grandi. È un bene o un male?
Potremmo dire, con una nota di amarezza, che è già tanto che si siano battezzate. Non di rado mi capita di avere tra i miei alunni bambini che non hanno ricevuto il battesimo e che non mostrano alcuna intenzione di farlo.
Per capire il battesimo in età infantile bisogna guardare alla famiglia come la culla della fede. Come i genitori scelgono quale tipo di alimentazione seguire e con quali principi educare il proprio figlio, questa scelta ricade anche nella vita della fede. Una famiglia cristiana spontaneamente decide di far battezzare il proprio figlio, affinché la grazia dello Spirito Santo possa aiutarlo a crescere nella fede. I genitori si prendono direttamente carico di educare e crescere cristianamente il bambino. È una nuova nascita, una nuova avventura spirituale che il piccolo farà accompagnato dalla fede e dalla testimonianza della famiglia, del padrino e della madrina.
Nella storia della Chiesa sono stati altalenanti i periodi in cui una persona poteva essere battezzata; spesso da adulti, in alcuni periodi in punto di morte, altri ancora da bambini. Nel nostro Paese è un’abitudine consolidata da decenni che il battesimo si amministri ai bimbi molto piccoli; fino a qualche anno fa si battezzava addirittura nelle cappelle degli ospedali o delle cliniche.

Se estrapoliamo la vita di una fede attiva in una famiglia è allora naturale che la scelta di battezzare un bambino in età infantile non nasca così spontanea; è peggio, a mio avviso, quando si amministra un battesimo lì dove questo venga concepito solo come un momento di grande festa senza dare peso al significato spirituale.
In più di un’occasione mi è capitato di assistere al battesimo di alcuni miei alunni battezzati da grandi (8-9 anni); spesso sono celebrazioni molto belle, intense, vissute con maggiore consapevolezza sia da parte del battezzato, sia dalla famiglia, che viene toccata dalla grazia. Una fede “tardiva” che lascerà comunque un segno nella loro vita spirituale.

Non c’è un bene o un male: ci sono i fatti, le vite vissute, le storie di ognuno che meritano attenzione e rispetto.
Alla fine della sua e-mail Teresa mi chiede informazioni sul mio battesimo. Fui battezzato a tre mesi, il 22 dicembre del 1974 da un sacerdote di nome don Pasquale di cui ho un vago ricordo; a testimoniare l’evento ho solo una sbiadita Polaroid a colori. Ritrae me in braccio alla mia madrina polacca, con un vestitino bianco accanto ai miei genitori. È una foto che trasmette una certa tenerezza, forse perché unica nel suo genere. Oggi il servizio fotografico è ben diverso, nei primi anni ’70 si scattavano decisamente meno fotografie visti i mezzi dell’epoca.
La chiesa in cui fui battezzato in realtà era un locale in cui venivano svolte le celebrazioni liturgiche visto che la chiesa parrocchiale era in costruzione. Oggi, ripassando in quella zona, al posto della chiesa c’è una banca! Purtroppo non posso tornare nel luogo in cui venni battezzato a meno che io non voglia aprire un conto corrente bancario.

Il battesimo, che sia ricevuto da piccoli o da adulti, resta comunque la prima tappa della vita cristiana, quella carezza di Dio che non conosce la corruzione del tempo e degli eventi. È un alito di vita che continuerà a soffiare alimentando quella tenerezza e quell’Amore di Dio di cui tutti abbiamo bisogno.

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COSA RESTERÀ DI QUESTA DIDATTICA A DISTANZA?

È ancora tempo di spendere qualche parola sull’esperienza della didattica a distanza, nella speranza che, a conclusione di quest’anno, essa rimanga negli annali della scuola italiana, augurandole con tutto il cuore un riposo eterno!

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19 Dicembre 2018 By Àncora Editrice 1 commento

Dio parla al suo popolo Nella Lettera agli Ebrei si dice che Dio aveva parlato «molte volte e in diversi modi nei tempi antichi» (1,1). Basta sfogliare la Bibbia per accorgersi della verità di questa affermazione. Dio ha parlato al suo popolo attraverso la riflessione dei sapienti che hanno scrutato i fatti della vita e […]

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