Il 18 maggio 1920 nasceva Karol Wojtyla. Un uomo, un Papa, che sognava una Chiesa giovane, e non solo per l’ «invenzione» delle Giornate Mondiali della Gioventù. Pubblichiamo di seguito un breve estratto del libro «Fuori dal recinto – Giovani, fede, Chiesa: uno sguardo diverso», di Alessandro Castegnaro (Àncora Editrice).
[Leggi di più…]GIOELE ANNI (AC): «AL SINODO NOI GIOVANI SIAMO STATI ASCOLTATI»
Di ritorno dal Sinodo, con tanto entusiasmo addosso. Gioele Anni, consigliere del settore giovani dell’Azione Cattolica, è stato uno dei 34 giovani uditori al Sinodo dei giovani.
Quali erano le attese della vigilia? E, soprattutto: sono state rispettate?
Le attese erano tante, perché il percorso del Sinodo parlava il linguaggio di noi giovani, che percepiamo – eccome! – la distanza tra molti nostri coetanei e la Chiesa. Il tema del discernimento vocazionale mi è sembrato l’occasione per costruire un ponte. Perché, cattolici o no, credenti o no, tutti arrivano prima o poi a chiedersi: ma io perché sono al mondo? Non è detto che si arrivi a una risposta religiosa, ma la domanda è comune. Quanto al lavoro del sinodo, posso dire che noi giovani uditori ci siamo sentiti “protagonisti”, anche se questo termine può prestarsi a fraintendimenti, e comunque molto ascoltati. La dinamica è stata di cammino insieme: giovani e padri si sono (o meglio, ci siamo) riconosciuti in cammino sulla stessa strada.
Il documento finale rischia di essere oggetto di molti slogan, mettendo l’accento solo su questa o quella questione. Ma c’è un tema che, magari per una tua particolare sensibilità, ti ha colpito di più?
In effetti, la forza di questo documento sta proprio nel leggerlo tutto intero, nel non spezzettarlo. Mostra una visione integrale dei giovani, al termine di un cammino lungo due anni. Ma non sfuggo alla domanda e, rispetto ai temi, ne dico due. Il primo: i giovani considerati parte attiva della Chiesa, non oggetto di evangelizzazione ma soggetti. Dare spazio ai giovani non vuol dire metterli in un “parlamentino” nel quale prendere alcune decisioni, ma averli integrati in spazi di corresponsabilità. Il secondo tema è quello dell’affettività. Mi ha colpito come i padri abbiano trattato questo tema, con pudore, competenza, voglia di ascoltare le nostre fatiche, le nostre fatiche e i nostri slanci. E credo che questo sguardo, nel documento, emerga tutto.
Chiuso il Sinodo, c’è il rischio che quanto di buono costruito possa fermarsi e non dare frutto?
Credo che il rischio ci sia sempre, in particolare nella “pastorale dei convegni” che ovviamente è necessaria ma da sola è insufficiente. Penso che il Sinodo abbia fatto la scommessa di introdurre momenti originali – penso al momento del pellegrinaggio con padri e giovani insieme – e che soprattutto debba continuare nelle chiese locali, favorendo le occasioni di apertura ai giovani. Non penso al classico incontro rivolto ai ragazzi, ma anche a modalità nuove, attraverso la cura nelle scuole e nelle università, l’attenzione ai poveri e tanto altro. Valorizzando anche tutto il buono che la Chiesa sta già facendo.
Lorenzo Galliani
Gioele Anni intervistato da Vatican News
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IL VESCOVO ZUPPI: «AL SINODO NESSUN ARGOMENTO È TABÙ»
Di nuovo a Roma, con la gioia nel cuore dopo l’incontro interreligioso “Ponti di pace” da lui stesso ospitato nella sua diocesi. L’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi è uno dei membri di nomina pontificia al Sinodo dei giovani che si è aperto lo scorso 3 ottobre. A FarodiBologna, traccia un primo bilancio di questo cammino.
Cosa si porta dietro dei primi giorni di Sinodo?
La gioia di costruire assieme, nel confronto e nell’ascolto di situazioni estremamente diverse, ma rappresentative del mondo dei giovani. Oltre, ovviamente, alla gioia per la presenza dei due vescovi giunti dalla Cina. Ho visto una Chiesa che vuole essere ancora di più madre, liberandosi dalla tentazione del facile “viver per se stessi” per ricominciare a sognare, e aiutare i giovani a farlo
Di molti convegni ecclesiali, passato pochissimo tempo, ci si scorda subito. Il Sinodo sarà invece capace di lasciare il segno ed essere anche tra molto tempo un riferimento per i giovani?
Credo di sì: ha avuto una preparazione molto attenta, coinvolgendo tutte le conferenze episcopali e con contatti diretti con migliaia di giovani, che hanno mandato le loro osservazioni. Ci si è rivolti non solo ai giovani più vicini alla Chiesa, ma a tutti, con l’idea che le scelte e le priorità che verranno fuori dal Sinodo possano essere rivolte a tutti. Senza correre dietro a nessuno, ma mostrando il desiderio di crescere assieme.
C’è qualcosa che l’ha colpita in modo particolare?
Direi la consapevolezza della realtà giovanile, attraverso l’ascolto. Nessuna formula, ma gesti di attenzione per una Chiesa capace di comunicare anzitutto con l’esempio, nella fedeltà al Vangelo. Nessun tema è tabù, tutto viene affrontato con questo spirito.
Come ha visto Papa Francesco in questi giorni?
Ha grande attenzione nei confronti del Sinodo, partecipa con gusto. Mi colpisce non solo il fatto che sia in ascolto, ma proprio l’immediatezza con la quale segue i lavori.
In questi giorni a Bologna si è svolta la tre giorni di «Ponti di Pace» della Comunità di Sant’Egidio, alla quale lei è particolarmente legato. Lo stile è quello del dialogo, gli ospiti grandi leader religiosi e uomini della cultura e delle istituzioni. Che valore ha una iniziativa di questo tipo?
Costruire «Ponti di pace» credo sia un pezzo dello sforzo che dobbiamo fare. Dicevo che la Chiesa al Sinodo si rivolge a tutti i giovani. Ecco, che ci sia un’apertura verso il dialogo tra le religioni penso sia davvero uno sguardo proiettato verso il futuro.
Lorenzo Galliani – farodiroma.it
LA BIBBIA GIOVANE
Da dove viene
Nel 2000 fu pubblicata negli Stati Uniti The Catholic Youth Bible per i giovani, cui seguì nel 2005 una versione in lingua spagnola, La Biblia Católica para Jóvenes. Su questa versione Àncora è intervenuta con l’adattamento dei box esplicativi, per di offrire anche ai lettori italiani una Bibbia capace di conquistarli alla fede e trasformarli in risorsa di testimonianza per la cultura contemporanea: una “grammatica minima” per una nuova evangelizzazione.